The Blacklist – Un terrorista a settimana dopo i pasti di Marco Villa
A caccia di terroristi per tutto il globo
The Blacklist è una di quelle serie tv fatte in laboratorio, che ti mette subito di fronte a una quantità di cose oltre per poter poi giocare come vuole nell’ambito delle esagerazioni. In questo caso si parla di un ex agente federale, diventato terrorista e ricercato in todo el mundo, che si consegna nella sede dell’FBI e inizia a snocciolare nomi di criminali e terroristi di cui l’FBI ignorava l’esistenza. Il buon terrorista si chiama Raymond Reddington e ovviamente non vuole parlare con il primo giacca&cravatta che passa di lì, no, lui vuole parlare solo con Elizabeth Keen, novella agente al primo giorno di servizio. Ecco quindi che si andrà a comporre la matta squadra che vede in prima fila la pulzella sveglia-ma-senza-esperienza e la vecchia volpe che chissà perché si è costituito e che manterrà sempre angoli d’ombra grandi così.
The Blacklist (in onda su NBC dal 23 settembre, creatore Jon Bokenkamp) è una serie che si rifa in maniera chiara ad Alias. Della serie tv di JJ Abrams riprende innanzitutto la complessità delle relazioni, mai lineari o di facile interpretazione. Si parla poi di complotti, tradimenti e contro-tradimenti: già dal pilot si intuisce che non ci si potrà fidare di nessuno se non di Elizabeth Keen. Al di là del più evidente dei nomen omen (keen significa acuto, sveglio), come l’eroina di Alias la protagonista di The Blacklist ha una storia personale travagliata, con una famiglia da dimenticare (o – più probabile – da scoprire). Raymond Reddington, l’altra metà della coppia protagonista, è interpretato da James Spader (che porta a un nuovo livello il concetto di “bolso”) ed è una sorta di rievocazione addomesticata di Hannibal Lecter, ovvero il classico abisso che finisce per guardare dentro di te.
Fin qui descrizione, presentazione e posizionamento. Ok, ma com’è la prima puntata The Blacklist? E’ un buon pilot, che piazza tutti gli elementi al posto giusto, inserisce un paio di spiegoni senza farli sembrare troppo posticci (ho detto “troppo”, gli spiegoni sono sempre e comunque posticci per definizione) e soprattutto lascia aperti mille possibili sviluppi per il futuro. Per come è strutturato, The Blacklist probabilmente seguirà un caso a puntata, con un criminalissimo da sbattere in galera ogni 40 minuti, ma è evidente che sarà importante anche lo sviluppo orizzontale. Sviluppo orizzontale che al momento pare possa basarsi su tre direttrici: i piani di Reddington, tutt’altro che limpidi; la doppia vita del fidanzato di Elizabeth; il passato della stessa Elizabeth, fin troppo denso di misteri. Uno schema non certo nuovo, anzi, che rimanda in fondo a quello di Alcatraz, serie andata malissimo, ma che qui abbiamo sempre difeso.
Il pilot di The Blacklist funziona sia nei dialoghi che nelle scene di azione e ha come unico difetto l’incapacità di creare comprimari all’altezza. Meglio: il pilot di The Blacklist, nel tentativo di fare emergere come geniali i due protagonisti, riduce all’imbecillità tutti gli altri. Mi riferisco agli agenti FBI, incapaci di fare una mossa azzeccata che sia una. Si riprenderanno, mi auguro, altrimenti il tutto rischia di scivolare verso il ridicolo. Particolare importante, ma in fondo non così decisivo. I nodi verranno al pettine presto e tra qualche settimana sarà possibile tirare qualche somma con maggiore precisione. Al momento viene da dire che si tratta di un pilot nettamente superiore alla media delle serie tv partite lo scorso anno e questo ci rincuora alquanto.
Perché seguirlo: perché il pilot tira dentro, il personaggio di James Spader funziona e le potenzialità di crescita sono enormi.
Perché mollarlo: perché di base probabilmente sarà una serie da un caso a puntata, con tutti i limiti narrativi di questo schema