Hostages – La serie crime con la data di scadenza di Diego Castelli
Un telefilm neanche male, con evidenti problemi di tenuta
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Quasi tre anni fa scrissi un articolo dal titolo “Serie che (non) durano”, che aveva per tema tutti quei telefilm, magari anche interessanti, che però hanno impressa una data di scadenza imposta dal concept, prima ancora che dalla volontà degli autori o dagli ascolti.
Si analizzava, per esempio, il caso di Ugly Betty, che con la prima stagione aveva raggiunto un successo planetario, salvo poi diventare sempre meno credibile man mano che questa povera sfigata viveva in un ambiente patinatissimo e ricercatissimo senza esserne influenzata in alcun modo (pena la fine della storia). Nemmeno arrivava mai il momento di toglierle l’apparecchio, con evidenti problemi di realismo odontoiatrico.
Ebbene, oggi parliamo proprio di una serie così, una serie che non dura. Si tratta di Hostages, nuovo thriller-crime di CBS, prodotto da Jerry Bruckheimer e iniziato la settimana scorsa.
La trama: la dottoressa Ellen Sanders (interpretata dalla tanto-brava-quanto-cessa Toni Collette) ha da poco ricevuto l’incarico di operare il Presidente degli Stati Uniti per l’esportazione di un tumore benigno, e comprensibilmente è tutta orgogliosa. Le cose si complicano notevolmente quando l’agente speciale dell’FBI Duncan Carlisle (Dylan McDermott), per motivi non immediatamente chiari, decide di mettere insieme una piccola squadra di fedelissimi con cui prendere in ostaggio Ellen, il marito, la figlia e il figlio, per costringere la donna a uccidere il Presidente durante l’operazione. La minaccia, ovviamente, è che le venga sterminata la famiglia qualora si rifiutasse.
Avrete già capito i motivi della riflessione più sopra: sembra evidente che, ascolti e creatività a parte, Hostages non possa andare molto lontano, semplicemente perché più passa il tempo e più rischia di diventare inverosimile. Ve la immaginate una nona stagione in cui questi tizi stanno ancora tenendo fermi sul divano i figli della dottoressa? Voglio dire, abbiamo How I Met Your Mother per questo, non ci serve altro.
Fosche previsioni a parte, Hostages non è male. Prima di tutto è un crime tutto orizzontale, che da queste parti piace sempre, e si dimostra capace fin da subito di creare una buona tensione. Di film e episodi con cattivi e ostaggi ne abbiamo visti a bizzeffe, quindi non possiamo contare più di tanto sul fattore novità. Ma riconosciamo comunque una piacevole perizia tecnica, una messa in scena capace di sfruttare le elementi più classici del genere per tenere desta l’attenzione. La bravura della Collette fa il resto, riuscendo perfino a compensare il fatto che come da tradizione McDermott risulta almeno parzialmente inadeguato qualunque parte faccia. Gli era venuto bene giusto American Horror Story, dove gli avevano cucito addosso la parte di uno con talmente tanti problemi da risultare interessante a prescindere dall’espressione del viso.
Se la componente thriller di Hostages funziona, comprese quelle parti un po’ stiracchiate in cui i “cattivi” dimostrano con una certa arroganza di aver pensato a tutto ma proprio a tutto-tutto (sottolineandolo come farebbe uno spocchioso quinquenne), il lato debole della serie è certamente quello drama. Si perché fin dal pilot gli autori tentano di stratificare il più possibile le dinamiche tra i personaggi. Non solo famiglia impaurita vs rapitori spaventosi: c’è il marito che è fedifrago e non gliene frega niente del Presidente fintanto che il suo sporco segretuccio è salvo; c’è la figlia incinta che non vuole dire nulla ai genitori e viene persino aiutata dal rapitore (?!?!?) nel suo tentativo di tenere tutto segreto; c’è la sfida a chi ce l’ha più grosso tra Carlisle e Ellen, che ovviamente non ci sta a fare il burattino manipolabile e fa di tutto per prendere tempo senza compromettere la vita di nessuno.
E’ chiaro che l’anima orizzontale della serie (bisognosa di più stimoli narrativi) e il carattere misteriosamente non-troppo-malvagio dei rapitori ben si prestano alle più varie operazioni di allungamento del brodo, che di per sé non è nemmeno un chissà quale peccato. Allo stesso tempo, però, non fatico a immaginare che molti di voi possano essere un po’ infastiditi da queste strane contaminazioni tra thriller criminoso e teen drama liceale. Tenendo sempre a mente che McDermott lo prenderesti a schiaffi ogni due scene.
Io un po’ di fiducia gliela do, perché la trama mi intriga e voglio vedere come prosegue, ma bisogna proprio essere preparati: il rischio minchiata è sempre dietro l’angolo, e gli ascolti del pilot hanno stentato parecchio, praticamente doppiati dal diretto concorrente The Blacklist. Insomma, c’è pure caso che non vediamo la fine della prima stagione…
Perché seguirla: trama interessante, discreta tensione, qualche idea carina.
Perché mollarla: è una serie col fiato già corto, sia per il concept che per i bassi ascolti del pilot. E poi ogni tanto scivola in strane pozze di teen drama che suonano un po’ ridicole.