22 Agosto 2013 13 commenti

La classifica definitiva (si fa per dire) delle serie estive 2013 di Diego Castelli

Tutti in fila i telefilm partiti questa estate. Chi è il vincitore?

Copertina, I perché del mondo, On Air

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EVIDENTEMENTE CI SARANNO DEGLI SPOILER. QUANDO LEGGETE IL NOME DI UNA SERIE DI CUI NON SIETE IN PARI, SALTATE ALLA POSIZIONE SUCCESSIVA!
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So cosa state per dire: “ma come fai a fare una classifica delle serie estive, quando le serie estive non sono ancora finite?”
Certo non avete tutti i torti, e bisogna dire che alcune serie sono partite proprio da poco (penso ad esempio a Low Winter Sun) e potrebbero risenrtirsi.
Allo stesso tempo è il 22 agosto, i vari show hanno avuto diverse settimane per farsi vedere e, per quanto un bel finale di stagione possa influenzare la valutazione complessiva, quello che dovevamo vedere l’abbiamo visto.
Certo, se alla fine di Under The Dome dovesse comparire Dawson che distrugge la cupola con la forza del suo carisma be’, chiaramente dovremmo rivedere tutta la classifica, però insomma, non mi pare probabile.
E poi Low Winter Sun finirà il 29 settembre, avete presente come sarà il 29 settembre? Ottomila telefilm autunnali da vedere e recensire, non ci sarà tempo per classifiche estive. Facciamole adesso, che c’è ancora aria di vacanza…

NOTA:
Ovviamente questa classifica comprende SOLO le serie partite questa estate (quindi niente Breaking Bad o altro), SOLO le serie americane (perché di british ho visto solo l’ottimo The Fall, quindi la classifica UK la facciamo fare al Villa), SOLO serie partite dopo il primo giugno, sennò che razza di estate è, SOLO serie che ho visto, che sono quasi tutte, ma non proprio tutte (ad esempio manca The Fosters, teen family drama di cui non ho visto un fotogramma, per motivi che non mi so spiegare con certezza). Tutto quello che volete aggiungere, precisare, protestare, fatelo.

Basta ciance, via!

13. MISTRESSES
Quattro amiche alle prese con l’amore, il tempo che passa, la vita di tutti i gior…. zzzzzzzzzz.
C’era una certa attesa per il drama simil-Desperate di ABC, soprattutto grazie alla presenza di Alyssa Milano e Yunjin Kim. Purtroppo, è tutto naufragato nella noia e nell’apatia. La recensione l’aveva scritta il Villa, mettendo in guardia tutti noi. Ho voluto comunque vedere il pilot, perché sono una persona seria e perché io e il Villa siamo d’accordo sul 10% delle serie. Questa sta decisamente nel 10%.

12. CROSSING LINES
Poliziotti di vari paesi uniscono le forze contro il crimine pur non parlando bene l’inglese.
Primo crime in classifica, e altro mezzo buco nell’acqua. La serie euro-statunitense, figlia di una grande coproduzione internazionale e di tanti buoni propositi, costruisce una bella atmosfera e riesce persino a dare una buona cornice a Gabriella Pession, che in quanto “attrice italiana in serie americana” ci aveva subito fatto venire i sudori freddi. Dopo un pilot discreto, però, emergono rapidamente i limiti della produzione, con casi di puntata scialbi, una tensione più che altro voluta che riuscita, e un uso irritante di Donald Sutherland, che ogni volta fa tre minuti di episodio giusto per poter dire “guardate, c’è King & MaxwellDonald Sutherland”.
Tra l’altro mi rendo conto solo ora che noi una vera recensione di Crossing Lines non l’abbiamo mai scritta, o sbaglio? Vabbe’, è andata…

11. KING & MAXWELL
Lui e lei detective privati che prima o poi finiranno a letto.
Alè, subito un altro poliziesco. Se King & Maxwell riesce meglio dove Crossing Lines fallisce (i casi sono più solidi, da normale tradizione TNT), quello che manca è il carisma dei personaggi e una qualsivoglia chimica tra i due protagonisti. Tanto per rimanere su TNT, non c’è la faccia fortissima della Kiera Sedgwick di The Closer, non c’è la cura del rapporto tra Rizzoli e Isle, e nemmeno l’originalità di alcune altre produzioni recenti della rete (ancora piango per la cancellazione di Men of a Certain Age). Ammetto che questa è la serie che ho visto meno, sono arrivato all’inizio del terzo episodio e proprio non ce l’ho più fatta, quindi ditemi voi se per sbaglio è diventata imperdibile. Comunque non la recupero, quindi decidete se vale lo sforzo di provare a convincermi.

10. DEVIOUS MAIDS
Anche le cameriere piangono (insieme ai ricchi)
Eccolo qui un erede lievemente più dignitoso di Desperate Housewives. Creata dallo stesso autore, Marc Cherry, non ha minimamente la forza dirompente che ebbero allora le casalinghe di Wisteria Lane, però è costruita con criterio, i mille intrighi funzionano, e l’atmosfera di mistero e leggerezza è adatta al periodo estivo. Niente per cui strapparsi i capelli, ma c’è la sufficienza.

9. CAMP
Adolescenti (e genitori) in calore al campo estivo
Speravo di poter tenere Camp più alto in classifica, ma quelle che arrivano dopo sono superiori. Però voglio salvarla: è un teen drama scioccherello, che aggiunge poco a quanto abbiamo già visto del genere, ma cazzarola funziona. Non per la storia, che son sempre le solite cose, ma per l’ambientazione e per il cast: il campo della piccola lontra trasuda estate, e i protagonisti riescono in quello che i personaggi di King & Maxweel fallivano: tirare fuori il meglio da una sceneggiatura di per sé “normale”. Una serie pensata per l’estate che racconta bene l’estate. E ammemmipiace.

8. THE BRIDGE
Cadavere ritrovato sul confine tra Messico e Stati Uniti. Seguono cazzi.
Qui arriva la prima sorpresa, perché The Bridge sta sotto Low Winter Sun. Sorpresa perché a leggere le nostre recensioni si direbbe il contrario, ma qui a vincere è lo sviluppo post-pilot, e soprattutto le aspettative. The Bridge sta andando piuttosto bene, l’atmosfera da terra di confine continua a funzionare, e la trama si sviluppa con una sua solidità. Ma pensavamo di avere un altro The Killing, e non ce l’abbiamo. Non c’è la stessa tensione, la storia è inutilmente più complicata, manca di una vera dose di originalità (che invece il pilot poteva lasciare intendere). Soprattutto, giunto ormai al sesto episodio, non sopporto più Sonya Cross. Ma non la sopporto proprio: un personaggio assurdamente sopra le righe, per una serie che non è così fuori di testa da giustificare una protagonista del genere. Soprattutto, una donna apparentemente priva di ogni skill sociale o umanità, che però versa fiumi di lacrime appena uno pronuncia la parola “sorella”. E non sto dicendo che un personaggio così non possa mostrare un lato sensibile (anzi, alla lunga deve, sennò che palle) ma questa lo fa praticamente subito, sminchiandomi tutto il resto. Il risultato è che devo vedere il settimo episodio, e lo farò più per la speranza di trovarci delle sorpresone, che non per la gioia provata finora.

Under The Dome - Angie7. UNDER THE DOME
Una cupola misteriosa cala su una cittadina americana, tagliandola fuori dal resto del mondo. Te pensa.
La serie ispirata e prodotta da Stephen King sta riuscendo a portare a casa un compito difficilissimo: farci passare sopra la discreta quantità di minchiate con cui è riempita. Quando si parla di fantascienza il termine “minchiate” è sempre scivoloso, perché dal momento che siamo in un ambito di dichiarato non-realismo (ammesso che il realismo sia mai un parametro valido per valutare una serie tv), bene o male si potrebbe far passare tutto. Ma ogni spettatore sa che non è così, sa che c’è sempre un limite da non varcare, magari sottile e invisibile, ma oltre il quale c’è solo la risata sguaiata. Under The Dome sta giocando moltissimo con questo confine, e sono certo che per molti di voi l’ha già varcato da tempo. Per me il momento più difficile finora è stato la comparsa della mini-cupola con l’ovetto in mezzo. Sulle labbra mi è affiorato un “Gesù che stronzata” che sono riuscito a stento a soffocare, in attesa che arrivi Daenerys Targaryen a reclamare il suo uovo e i suoi draghi. Però il confine non è ancora superato, per quanto mi riguarda, e sono ancora molto interessato a vedere come proseguirà la vicenda e come i personaggi gestiranno lo stress sempre più evidente della vita da reclusi. Il Villa l’aveva detto nella recensione, è la cagatona estiva di quest’anno. Ma le cagatone esercitano sempre il loro fascino perverso.

6. LOW WINTER SUN
Poliziotti corrotti e cattivi cercano di non essere scoperti in quanto corrotti e cattivi
Ed eccolo il novello telefilm di AMC, quello che in fase di recensione esortavo a essere più sciolto e meno figo-per-forza. L’augurio c’è ancora, perché il secondo episodio non ha corretto in maniera decisiva i difetti del pilot. Però la storia si è fatta subito intrigante, e il rapporto tra i protagonisti ha già preso quella piega violenta e “pesante” che era necessaria a tenere alta la tensione. Ora vogliamo il sangue, e Low Winter Sun sembra in grado di prometterlo.

5. FAMILY TREE
Disoccupato inglese senza prospettive si butta alla ricerca della storia della propria famiglia
Partita in sordina – e forse rimasta in sordina – la nuova comedy di HBO si è però rivelata un prodottino consigliatissimo a tutti quelli che amano le commedie surreali e “strane”. Non fa mai sbellicare, non crea tormentoni indimenticabili, e a ben guardare non arriva nemmeno vicino a prodotti che in qualche modo le sono parenti (penso a The Office, per esempio). Però riesce a raggiungere quel livello di pacata follia e, diciamolo, studiato imbarazzo, che in breve tempo diventa una droga. All’inizio pensavo di non andare oltre il secondo episodio, e ora spero ardentemente in una seconda stagione.

Graceland - Mike e Paul4. GRACELAND
Agenti sotto copertura che indagano anche su loro stessi
Lavora lavora, scava scava, costruisci costruisci, il crime-drama di USA Network è riuscito a farsi strada nel mio cuoricino. Soprattutto perché ha rinunciato quasi completamente alle trame verticali e ai propositi da cartolina, per diventare una storia solida e appassionante su un gruppo di sbirri che pensano di sapere tutto uno dell’altro, e invece non sanno niente. La lotta silenziosa tra Mike e Briggs, una lotta di cui nemmeno loro conoscono bene i contorni, è una delle cose migliori viste questa estate. Mi rimane solo il dubbio che una serie del genere farà davvero fatica a reggere il peso di un’eventuale seconda stagione, perché già ora sembra di essere davvero vicini alla fine. Vedremo…

3. SIBERIA
Un reality in Siberia si trasforma in tragedia soprannaturale. E che ti aspettavi?
Lo ammetto, sono anch’io stupito di quanto in alto sto mettendo Siberia. E’ una serie che molti hanno schifato, che fa pochi ascolti e che probabilmente non arriverà alla seconda stagione. Ma cosa vi devo dire, mi piace. E mi piace sempre di più, perché la componente di simulazione “troppo simulativa” del reality, che avevo criticato nella recensione e che rischiava di rendere il telefilm “poco interessante in quanto telefilm”, sta pian piano lasciando il posto a sviluppi che con un reality vero hanno poco a che fare, e che invece sono sempre più calzanti per un reality finto dalle conseguenze mortali. Aspettavo giusto di vedere se e quando avrebbero giustificato il fatto che i cameramen continuano a filmare nonostante stia andando tutto a puttane: ebbene, gliel’hanno chiesto gli stessi protagonisti, per avere un documento della loro vicenda da usare eventualmente in sede legale contro la produzione dello show. Un espediente semplicissimo, ma cazzo, mi ha lasciato completamente soddisfatto. Ma vedrete che la cancellano e mi lasciano con un cliffhanger clamoroso, già lo so…

2. RAY DONOVAN
Lui è un duro, ma i casini della sua famiglia lo sono di più.
Mi aveva convinto già dal pilot, e fortunatamente Ray Donovan si è confermata. Anzi, vi dirò, è migliorata pure, perché all’inizio avevamo una versione maschile (e maschia) di Scandal, con due ottimi protagonisti e la prospettiva di tante belle scene violente. Con l’andare degli episodi le scene violente le abbiamo avute (qualcuna in più non guastava, eh), i due ottimi protagonisti sono diventati almeno cinque-sei (i fratelli di Ray, specie Terry, diventano più potenti ogni minuto che passa), e in generale ogni rischio di banalizzazione è stato strappato via da un drama bello intenso e molto preciso, che non lavora tanto su enormi sorprese o tensione vertiginosa, quanto su psicologie, frasi non dette, silenzi carichi di odio e madornali errori di valutazione. Un miscuglio di testosterone e drama familiare che a tratti riesce a ricordare splendidi cugini del passato e del presente, da The Black Donnellys a Sons of Anarchy, passando per certo cinema di Scorsese. Non è ancora quei livelli, sia ben chiaro, ma per una serie estiva è fottuto grasso che cola.

1. ORANGE IS THE NEW BLACK
Biondina americana perfettina finisce in carcere per cazzate commesse dieci anni addietroOrange is the new black
Eccola la regina dell’estate, la prima serie di Netflix per cui valga la pena usare la parola “imprescindibile” (che forse da qualche parte abbiamo usato anche con House of Cards, ma in un senso diverso). Orange is the New Black va vista e goduta per lo strano ma efficacissimo miscuglio di drama e comedy, e per la capacità di trattare in maniera assai originale un tema e un ambiente che la serialità tende ad affrontare assai poco in generale, e mai con questa placida leggerezza (perché Oz, Prison Break ecc ecc erano tutte belle, ma leggere proprio no). Qui invece abbiamo una serie fresca, viva, che profuma di nuovo, e che ribalta in modo abbastanza sistematico tanti preconcenti sul carcere che il racconto audiovisivo americano ci ha inculcato per molti anni. Non che io sappia cosa è vero e cosa no delle carceri americane, ma averci messo questa pulce nell’orecchio è già un successone. Promossissima.
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