14 Agosto 2013 2 commenti

Low Winter Sun – Il nuovo, sporchissimo crime di AMC di Diego Castelli

Però occhio a non strafare

Copertina Pilot, Pilot

Low Winter Sun (6)
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C’E’ QUALCHE SPOILER SUL PRIMO EPISODIO, MA NON MOLTO ALTRO RISPETTO A QUELLO CHE POTRESTE TROVARE LEGGENDO LA TRAMA SU WIKIPEDIA…
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Cari amici, oggi parliamo di un nuovo telefilm crime, in onda su AMC e tratto da una miniserie inglese. E per questi motivi lascio volentieri la parola al mio amico e socio Marco Vill…
In che senso “il Villa non c’è?”… e dov’è? In ferie?! Ancora?!
mmm, vabbe’…

Low Winter Sun (3)

Come detto, Low Winter Sun è la nuova serie di AMC, un crime ispirato a una miniserie inglese con concept simile e stesso protagonista (l’attore di-solito-cinematografico Mark Strong).
E’ evidente che al cospetto di AMC le aspettative devono essere molto alte: grazie ai vari Mad Men, Breaking Bad The Killing, la rete via cavo si è ormai costruita una solidissima fama, che è insieme un grande vantaggio e una pesante responsabilità.

L’idea alla base dello show non è rivoluzionaria, ma suona comunque diversa dai soliti investigativi: protagonista è Frank Agnew, che è un ottimo poliziotto ma delle cui capacità investigative ci interessa quasi un cazzo. Quello che conta è che è un assassino. Convinto e poi aiutato dal collega Joe Geddes (Lennie James), ha infatti ucciso a sangue freddo e dopo certosina preparazione un altro poliziotto, colpevole di aver a sua volta ammazzato la prostituta sua amante.
Al netto del fatto che ci potranno essere indagini parallele in cui Frank farà davvero il detective (dal pilot questo sviluppo non è immediatamente chiaro) quello che importa è che Frank e Joe sono degli assassini, e dovranno fare il possibile per non essere scoperti. Inutile dire che poi spuntano mille complicazioni, segreti, corruzione, doppigiochi, tutto legato anche a un gruppo di giovani delinquenti che fanno un po’ i “protagonisti in seconda”, dotati di una sottostoria tutta loro che presto si scontrerà con quella di Frank e Joe.

La trama è di per sé abbastanza interessante, ci sono picchi di discreta tensione, e l’abilità di Frank esce fuori in maniera forte ma non troppo scontata (si veda la scena col filmato delle telecamere di sorveglianza). Ma al di là di questi elementi puntuali, supportati dal buon lavoro del cast, quello che colpisce di Low Winter Sun è l’atmosfera: ambientata in una Detroit grigia e polverosa, in cui ben poco di buono può accadere a chicchessia, la serie trova il suo maggiore punto di forza nella capacità di calare una cappa di oscurità e sporcizia (morale e non) su tutti i personaggi, lasciando i pochi “buoni”, agenti giovani e dalla spinta ideale ancora vigorosa, in un angolo di sostanziale inutilità. Vi dico che a tratti sembra quasi una serie ambientata nel passato, un Mad Men poliziesco, da tanto che la città sembra vecchia e marcia, coi suoi vicoli abbandonati e gli uffici della polizia che son più tristi di una mensa per i poveri. Poi li senti parlare dei telefoni cellulari, vedi un paio di macchine moderne, e solo allora ti rendi conto che non stai vedendo un film di gangster negli anni Trenta.
Pare quindi scontato che il maggior interesse è tutto per la vicenda di Frank, incastrato tra talento e paura, tra sbirritudine tamarra e un segreto oscuro da proteggere per sopravvivere. Il tutto in un ambiente, fisico ed etico, che sembra incapace di lasciar passare qualsiasi luce salvifica: tutto quello che potrebbe andare male, probabilmente lo farà.Low Winter Sun (4)

Se questo aspetto cupo e violento, quasi malato, è la sua caratteristica migliore, Low Winter Sun è purtroppo affetta da un brutto difetto: è fin troppo consapevole di essere una serie di AMC.
Mi spiego. Da ormai dieci anni a questa parte abbiamo imparato a riconoscere le “qualità da cable”: temi forti, linguaggio esplicito, pochi filtri a sesso e violenza, sperimentazioni narrative e visive più ardite che altrove, grande attenzione per lo stile dell’autore piuttosto che per l’immediata resa commerciale. Ebbene, in questo senso il creatore Chris Mundy esagera: forse smanioso di mostrare finalmente la sua cifra, l’ex produttore esecutivo di Criminal Minds e Cold Case finisce con lo strafare, facendo diventare Low Winter Sun una serie troppo consapevole del suo essere figa. Tutti gli elementi tipici della cable – i dialoghi forti e pregni di significato, gli sguardi lunghi e intensi, gli scenari di degrado urbano, le tensioni sottese ma esplicite tra i personaggi – vengono qui spinti e stressati fino al punto di svelare il carattere fittizio del racconto, alimentando la (malsana) consapevolezza dello spettatore di stare guardando, appunto, una finzione. Il primo e più importante esempio è proprio il monologo iniziale di Joe: troppo lungo, troppo teatrale, troppo “recitato”. E se è la prima cosa che vedi dell’intera serie, ci rimani un po’ male.
Low Winter Sun (1)Si badi che non sto parlando di semplice realismo, perché Breaking Bad non è affatto realistico né nei contenuti né nella messa in scena. Ma se lì non abbiamo mai l’impressione di essere di fronte a qualcosa di finto, tanto sono immediate e concrete le passioni dei personaggi, con Low Winter Sun percepiamo troppe volte il fatto che gli autori e gli attori ci provano, ci provano tantissimo, fino a diventare logorroici e filosofici, così impegnati dalla costruzione del piccolo dettaglio da lasciarsi sfuggire momenti di goffa faciloneria, come quando la giovane poliziotta si accorge che c’è qualcosa di strano nei due protagonisti semplicemente guardandoli litigare, un espediente narrativo da telefilm per ragazzini.

Malgrado tutto è una serie che si merita un po’ di fiducia. Perché AMC se l’è guadagnata sul campo, perché non vi ho parlato della presenza di diversi attori che da queste parti stimolano forti piaceri telefilmici (David Costabile, Sprague Grayden), e perché ci sono sicuramente molte buone cose in questo pilot. Su tutti proprio lui, Frank, che avrebbe carisma sufficiente a tenere su da solo tutta la baracca. Ma la scrittura deve diventare più sciolta, più fluida, meno soffocata da una strana ma palpabile ansia da prestazione. E se possibile bisogna rendere più gustosa la storia secondaria dei ragazzi, che per ora è interessante come le grinze sui miei gomiti.
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