20 Giugno 2013 2 commenti

The Job Lot – E se fosse questa serie tv l’erede di The Office? di Marco Villa

Un centro per l’impiego è un posto strano forte

Brit, Copertina Pilot, Pilot

The-Job-Lot

Uno dei rischi derivanti dallo scrivere sullo stesso sito per anni, più volte a settimana, è che si può facilmente arrivare a uno stato di rincoglionimento pre-senile, che porta a dire sempre le stesse cose. Io, ad esempio, sono consapevole di aver fatto almeno una decina di volte il discorsetto sul fatto che le serie peggiori sono quelle mediocri e che bisogna essere cattivissimi e ultraselettivi. Sono anche consapevole del fatto che, nella classifica dei miei leit-motiv, al secondo posto c’è l’entusiasmo per le serie ambientate sui posti di lavoro. Sì, lo so che tendenzialmente tutte le serie parlano di gente che fa un mestiere, ma c’è una bella differenza tra le serie crime e – per dire – 30 Rock (un paio di lacrime), dove tutto si basa sulle dinamiche di un luogo in cui una decina di persone si incrocia per una decina di ore al giorno. Ecco, queste serie mi piacciono parecchio. The Job Lot fa parte di questa categoria e per fortuna non fa calare per nulla la mia passione per il genere, anzi.

The_Job_LotThe Job Lot è una serie inglese: la prima stagione (sei episodi) è andata in onda nella scorsa primavera su ITV e al momento non ci sono notizie sulla seconda. Racconta quello che succede all’interno di un centro di collocamento. Si tratta di un posto per nulla allegro, in cui si incrociano le frustrazioni di chi va lì per cercare lavoro e quelle di chi nel centro ci lavora, ma vorrebbe scappare. Va da sé che The Job Lot non è una serie drama, ma una comedy di quelle cattive, in cui si ride delle sfighe e in cui, alla fine, un po’ di amaro in bocca è inevitabile.

Così come inevitabile è l’accostamento a The Office (mi riferisco soprattutto alla versione originale inglese di Ricky Gervais). In The Job Lot non c’è la componente mockumentary, ma i punti di contatto sono parecchi. Si può iniziare dal fatto che sono tutti idioti, ma nessuno ha una comicità positiva. Come detto, il sentimento che traspare maggiormente è la frustrazione, derivante dall’incapacità di raggiungere alcun tipo di soddisfazione o di traguardo. C’è la responsabile che non sa gestire nulla ed è costantemente sull’orlo dell’esaurimento nervoso. C’è il giovane che ha studiato arte e si ritrova a smistare carte e assegnare sussidi (Russell Tovey, già in Being Human UK e Him & Her). C’è l’impiegata statale che si rifugia nella burocrazia più assurda pur di dare un senso e una vaga idea di potere alla propria vita. Nemmeno le due guardie di sicurezza sono tranquille: lui è alla ricerca di clienti per la sua impresa di moquette, lei – che sembra la più pacificata – è sempre mossa da un’ossessione per la pulizia che non la lascia mai tranquilla.

29FBF5D59C71E7067BCF3642A1627A queste storie si aggiungono quelle delle persone che vengono al centro per cercare lavoro. Ci sono quelle borderline e ricorrenti nelle puntate, come il pazzo che va in giro con il trench e nulla sotto o la ragazza che si inventa di avere la sclerosi multipla per continuare a ricevere il sussidio, e quelli che invece riportano la serie nella realtà, come il cinquantenne rimasto senza lavoro, che si vede costretto a tornare a fare il cameriere come trent’anni prima, quando ancora non aveva iniziato la sua carriera di successo nel settore immobiliare.

The Job Lot è una serie divertente e cattiva, che non vi farà certo passare venti minuti di serenità, ma che sarà in grado di stimolare intelligenza e attenzione, con una visione della crisi e delle sue conseguenze che non si appoggia mai su stereotipi o giochini stantii, ma che riesce sempre a scartare di lato, pur non diventando mai irrealistica. Sì, amici, è da vedere. In totale la prima stagione dura due ore. È fatta, dai.

Perché seguirlo: perché le serie sui posti di lavoro sono (quasi) sempre belle e perché ha uno sguardo originale e cattivo

Perché mollarlo: perché è una comedy che fa ridere amaro e di sicuro non regala relax e serenità.



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