5 Aprile 2013

Come The New Normal diventò una delusione di Diego Castelli

Stavolta Ryan Murphy ha toppato

Copertina, Necrologi, On Air


SPOILER SUL FINALE DI STAGIONE (COMUNQUE NIENTE CHE NON SI POTESSE PREVEDERE DUE MESI FA)

E’ finita la prima (e probabilmente ultima) stagione di The New Normal, ultima creatura telefilmica del geniaccio Ryan Muprhy, e purtroppo ci tocca registrare una mezza delusione.
Se ricordate, il Villa scrisse del pilot con un significativo “stereotipata ma bella”, che in quel momento pareva soddisfacente ma che forse doveva farci presagire brutti sviluppi, se è vero che finora Ryan Murphy si era sempre tenuto lontano dallo stereotipo, o meglio, ci aveva giocato in modo assai particolare, facendo risogere sulla tv americana prima il musical (con Glee) e poi l’horror (con American Horror Story).

The New Normal, invece, non solo non è riuscita a liberarsi di certe catene di genere, ma ha persino perso alcuni dei migliori spunti degli esordi. Penso al cinismo della nonna, molto depotenziato e diluito con l’andare delle puntate, ma anche a quegli sprazzi di finto documentario alla Modern Family che nel pilot avevano regalato alcuni momenti di goduria, per poi sparire completamente nel corso della stagione.
Proprio il confronto con la cugina Modern Family sembra relegare The New Normal al livello di esperimento fallito. La serie di NBC pareva una diretta risposta/superamento della pluripremiata rivale di ABC. Pensiamo anche solo ai titoli: Modern Family presenta famiglie “moderne” che proprio in quanto tali si staccano dalla tradizione. The New Normal, invece, sembrava voler compiere il passo successivo, facendo diventare “normale” ciò che prima era “moderno”, compiendo quindi un ulteriore passo verso la piena integrazione di queste famiglie atipiche all’interno del tessuto sociale.
Il problema è che Modern Family tiene questo tema sullo sfondo, lasciando che in superficie emergano una comicità molto stilosa e frizzante e un linguaggio anch’esso moderno, ancorché non rivoluzionario (parlo ovviamente del mockumentary, che non è più uno stile nuovissimo, ma di certo non è la norma della serialità televisiva). Il risultato è che guardando Modern Family (che pure io ho smesso di seguire più di un anno fa perché semplicemente mi ero un po’ rotto), si può godere di una comedy funzionante di per sé, mentre nello stesso tempo si lascia sedimentare nel cervello il concetto che questa famiglia moderna non ha poi niente di diverso, nella sua quotidianità, rispetto a una tradizionale. Un messaggio potente veicolato con grande leggerezza.
The New Normal, invece, ha perso fin troppo presto alcune caratteristiche meramente comiche che rendevano il pilot godibile e riconoscibile, avvitandosi su un buonismo troppo esplicito per non risultare stucchevole.

Basta fare un confronto tra il pilot, con le caratteristiche già accennate, e gli ultimi due-tre episodi della stagione.
Episodi in cui tra preparazione del matrimonio e rigurgiti di passione per i boy scout, la tematica gay viene spiattellata in tutte le sue problematiche più scontate, all’interno di un contesto (quello del matrimonio) che più classico e prevedibile non si può. Era assolutamente ovvio che a Goldie si sarebbero rotte le acque durante il matrimonio, era assolutamente ovvio che i due fututri mariti avrebbero avuto difficoltà a organizzare il matrimonio esattamente come previsto, ed era assolutamente ovvio che la cosa sarebbe finita a tarallucci e vino, con una organizzazione alternativa della cerimonia in cui i nostri si sarebbero accorti che l’unica cosa che conta è l’amore e non gli orpelli. Tutto talmente classico e prevedibile da perdere qualunque forza. Non solo: i continui problemi che Bryan e David hanno dovuto subire in quanto “coppia gay” hanno avuto probabilmente l’effetto contrario a quello sperato: invece di sottolineare la nuova normalità, ne hanno esaltato la continua differenza. E non sto dicendo che quelli non siano i problemi veri (per quanto romanzati e addolciti) di una coppia omosessuale, ma raccontati in questo modo non aggiungono nulla a ciò che già conosciamo sul tema.

Da serie potenzialmente ricca di spunti, The New Normal si è lentamente trasformata in un film natalizio pieno di buonismo e miele, dove tutti i conflitti vengono ripianati con una spiegazione e un broncino, dove le nonne repubblicane perdono sempre più ragione di esistere, e dove la tradizione (narrativa, linguistica, tematica) finisce paradossalmente col prevalere su ciò che di nuovo la serie poteva portare con sé.

Questo ragionamento non rende The New Normal “brutta”, perché gli episodi continuano a essere abbastanza piacevoli e non mancano, ora qui ora là, trovate narrative o dialogiche meritevoli di una risata. Ma a guardare le (forse già poche) premesse, per non parlare del nome del creatore, era lecito aspettarsi qualche scatto più ficcante, qualcosa che, in generale, si rivelasse più significativo. E invece si finisce con un globale “meh”, dimenticando persino che, nell’ultima scena, il matrimonio gay viene officiato da un prete venuto meno ai precetti della sua chiesa pur di aiutare due amici meritevoli. Un elemento potenzialmente molto forte, annegato in una melassa romantica che aveva annacquato tutto già da settimane.



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