5 Marzo 2013

Red Widow – La nuova serie di ABC che sembra una vecchia serie di ABC di Diego Castelli

E vai con l’usato sicuro

Copertina, Pilot

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QUALCHE SPOILERINO C’E’, MA NIENTE DI TRAGICO.

Vi svelo un retroscena. Oggi doveva esserci un post del Villa, che però ha avuto un imprevisto e mi ha chiesto di subentrare. Siccome però io volevo fare la recensione di Red Widow, nuova serie drama-crime di ABC, mi sarei ritrovato nella condizione di dover vedere un pilot (doppio, tra l’altro) e di doverne scrivere subito dopo, a tarda sera. Naaaa, brutta scelta, che poi faccio le cose di fretta e non vengono bene.

Quindi son qui, di domenica sera, quando ancora il pilot non è andato in onda manco in America, a iniziare questo post senza saperne niente, scrivendo introduzioni e collezionando foto a cazzo di cane.
Dunque, che ci dice internet? Ci dice che Red Widow è tratta da una serie olandese e ha per protagonista Marta Walraven (interpretata da Radha Mitchell), casalinga californiana sposata a un potente boss della mala (Anson Mount, protagonista di Hell on Wheels). Quando il marito di Marta viene ucciso, come si è soliti fare tra delinquenti, alla poverina rimane l’arduo compito di sostituire il consorte nelle sue losche attività.
Ovviamente, la nostra Marta sarà inizialmente sopraffatta da questi impegni (chiamiamoli così) ma mostrerà di avere comunque le palle per farcela. Che poi non lo so mica eh, lo dico così, dando per scontato che, se non ce la fa, la serie dura tre settimane perché qualcuno la stupra o la uccide, non necessariamente in quest’ordine.

Ecco, qui ora dovete immaginare una mia giornata in ufficio. Fatto? Bene.

Eccomi, è lunedì sera e finalmente ho visto Red Widow. Cominciamo col dire che non ci avevo capito una sega. Ok sì, il marito di Marta è invischiato in faccende oscure, ma di fatto è un buono che vuole uscirne. E’ lei piuttosto a essere figlia di criminali russi (da nubile fa Petrova), ed è il fratello di lei che fa il passo più lungo della gamba e la mette nei guai col vero boss clamoroso della città, tale Schiller (interpretato da Goran Visnjic). Poi sul resto ci siamo, visto che Marta è davvero una casalinga che sapeva poco delle faccende del marito, e che finisce col trovarsi nello sterco fino al collo. Tra l’altro, il fatto che provenga da una famiglia non proprio incensurata sembra dare una qualche vaga giustificazione alla tipica Grande Cazzata che accompagna questo genere di racconti, cioè il fatto che questa tizia passi nel giro di un pilot da mogliettina biondina a Arsenio Lupin.

Il commento sul pilot di Red Widow è “meh”. Detto con gli angoli della bocca un po’ all’ingiù, scuotendo la testa: meh…
Bisogna dire che iniziano a essere un po’ troppe le serie con donne invischiate in torbidi scenari criminal-cospirativi: e c’è Revenge (sempre di ABC), e c’è Scandal (pure), e c’è Deception (che è il clone di Revenge su NBC). Insomma, comincia ad avvertirsi un po’ di saturazione. In più, Red Widow non riesce a spiccare più di tanto sopra la media, dove Scandal sta al primo posto, Revenge segue a un secondo posto dignitoso ma ormai un filino zoppicante, e Deception è abbastanza inutile.

Red Widow, tutto giocato sul fascino limpido ma fragile della Mitchell, è un continuo saliscendi tra buone idee e loffie cadute di stile. Ci sono momenti di discreta tensione, qualche risvolto ben scritto – si veda il nonno che istruisce il nipotino su cosa dire alla polizia, o il modo in cui il fratello di Marta la convince che è stato il marito e metterla nei pasticci – e qualche scelta narrativa azzeccata, come alcuni passi falsi della protagonista che la rendono un po’ più credibile nella parte della criminale ancora acerba.
Poi però ci sono debolezze evidenti, come brandelli di dialogo che più didascalici non si può, scelte registiche e di montaggio che dovrebbero accentuare la tensione ma che invece risultano prevedibilissime, e anche qualche superficialità nella scelta del casting. Su tutte l’uso di Visnjic, che sicuramente è stato ingaggiato per avere un super cattivo che fosse anche bello e carismatico, ma che è azzeccato nei panni del malvagio come io sarei calzante nei panni di una danzatrice del ventre. Oh, poi magari a parlare è il fan di ER che ancora alberga dentro di me, visto che il Goran ha già fatto il cattivo in altri film. Però insomma, avete capito che voglio dire.

Il risultato di tutto sono 85 minuti di pilot complessivamente gradevole, capace di creare anche una discreta empatia con sta povera crista passata in un solo giorno dalle gite in bici ai carichi di droga. Il problema è che da qui a dire che sono rimasto incatenato alla poltrona, e che non vedo l’ora del prossimo episodio, be’, ce ne passa.

Perché seguirla: perché le donne sole contro il mondo sono il vostro pane, e perché segretamente sperate in un futuro risvolto romantico tra la protagonista buona e il villain (cosa che mi pare più che probabile).

Perché mollarla: per l’intera durata del pilot viene spontaneo prevedere tutto ciò che accadrà in futuro. E ci si azzecca praticamente sempre.
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