Revenge al giro di boa – Galleggiando nella banalità di Alessandra Furdiani
Ma come sta andando avanti Revenge?
Torniamo a parlare di Revenge e per l’occasione battezziamo una nuova firma: Alessandra Furdiani. Benvenuta.
Dopo una prima stagione promettente, la seconda stagione di Revenge era iniziata col piede sbagliato. La storia non evolve, rimane statica e mai sorprendente, ci scappa pure lo sbadiglio. L’idea di base di creare un personaggio femminile coi controcoglioni – all’apparenza tutta casa e chiesa – non è chissà quale novità, ma è sempre gradevole. Abbiamo voluto la parità dei sessi? E allora basta principe azzurro sul cavallo bianco, la vendetta va servita su un piatto freddo e la cameriera è Emily/Amanda in persona. Una donna che non deve chiedere mai… invece chiede, eccome se chiede! Soprattutto al genio incompreso Nolan, di cui si fatica a capire l’orientamento sessuale (cambia sponda peggio di Lindsay Lohan).
Ems è un po’ come il gruppo sanguigno AB: riceve da tutti, ma non fa mai un cazzo per nessuno, tranne che per se stessa. La recitazione di Emily Van Camp non è migliorata col tempo, anzi, è a dir poco pietosa. Non prendiamoci in giro: è di una bellezza pazzesca, ma purtroppo per recitare non basta essere gnocca, se poi hai l’abilità di trasmettere emozioni pari a quella di una mucca al pascolo.
L’aggiunta di nuovi personaggi inutili annoia, e finora il massimo del pathos era stato provocato da Kara, la madre mezza psicopatica di Emily che, a parte il tentato annegamento della figlioletta in tenera età, non ha lasciato molto alla serie (non c’è scappato neanche un Grayson morto).
Ci voleva proprio un bello scossone a questa trama un po’ povera di contenuti, e la puntata numero otto è stata una boccata d’aria fresca. Sarà che l’episodio flashback ha sempre un suo fascino: si scava in un passato remoto per comprendere le azioni del presente e, forse, giudicare i personaggi con più empatia. Ci si sorprende a supportare Victoria, a mettersi nei suoi panni, guardandola per qualche istante come l’eroina della situazione. Sarà che sua madre ci viene presentata come la peggiore al mondo, sarà quello che volete, ma di fatto ci ritroviamo di fronte una Victoria adolescente più umana, timida e impacciata, che fa quasi tenerezza. Ma, come dice il detto, la mela non cade lontana dall’albero e, catapultati in un passato più vicino al presente, queen V. si conferma la solita arpia subdola e vendicativa di sempre. Bene così, le nemesi che si redimono sono alquanto soporifere, meglio una sana e plateale cattivona coi controfiocchi.
Questi, finalmente, sono gli episodi che meritano di essere visti e apprezzati, che fanno sperare che la serie prenda la direzione giusta e ritorni sulla retta via, dopo una sbandata di sette puntate che non ha arricchito minimamente un filone narrativo con tanto potenziale. Anziché appiopparci personaggi come Aiden, insopportabile, pesante e irritante con quell’accento british che di affascinante non ha proprio nulla (sembra un ottantenne con la dentiera che biascica), sarebbe stato meglio un maggiore approfondimento del rapporto di Victoria con la dolce mammina. In più, uno dei vari salti temporali nel passato ci ha fatto anche scoprire il primo contatto con quella ragazza dai facili costumi che è Ashley Davenport, a cui il ruolo di prostituta evidentemente piace, e molto (ve la ricordate nel Diario di una squillo per bene?). La morale è: puoi fare la snob quanto vuoi ma sei e sarai sempre una bagascia.
Se Revenge saprà calcare la mano su questa torbida saggezza, senza perdersi in inutili riempitivi, riuscirà a risalire la china, confermandosi nel suo vero ruolo: una serie fra le meno peggio, in un contesto in cui banalità e prevedibilità sono
all’ordine del giorno. La classica serie svuota mente che si guarda con piacevole leggerezza.