666 Park Avenue – Il migliore tra i nuovi drama è già spacciato di Diego Castelli
L’horror-drama di ABC ci piace, ma è partito male (povera stellina…)
Lo dicevo al Villa che dovevo recensire subito 666 Park Avenue, sennò poi finiva che mi facevo influenzare da commenti e dati di ascolto e non scrivevo la recensione come volevo. Ecco, già l’inizio è venuto diverso dal previsto. Vabbe’, insomma, a me è piaciuto e a un sacco di gente no. Vediamo di capirci qualcosa.
Dunque, 666 Park Avenue, nuova serie horror-thriller di ABC.
Protagonisti: Terry O’Quinn (ex Locke di Lost), Vanessa Williams (ben nota per Ugly Betty e Desperate Housewives), Dave Annable (Justin di Brothers & Sisters) e Rachel Taylor (tra gli angeli dello sfortunato Charlie’s Angels).
Concept: Terry O’Quinn fa il diavolo, o comunque un suo dipendente. Insieme alla moglie (Williams) possiede un antico palazzo a New York, dove due fidanzatini tutti sorrisi (Annable e Taylor) arrivano a fare gli amministratori, senza sapere che nel condominio si stringono patti con Lucifero, gli ascensori ammazzano la gente, le pareti sono gonfie di anime dei morti, e altre simili piacevolezze.
Fin dalle prime immagini le sensazioni sono buone. Al di là che O’Quinn ha sempre avuto la faccia da spirito maligno (in Lost il Fumo Nero prendeva le sue sembianze, mica quelle di Hugo), è proprio tutta la confenzione a funzionare. Al contrario di altre novità della stagione, che sembrano girate nel giardino di casa mia – penso a Last Resort, 23 euro di budget in mano a una scimmia ubriaca – 666 sfrutta fin da subito tutte le tecniche visive e sonore dell’horror più classico, e lo fa con cognizione di causa.
C’è tensione, in 666, fin dalla prima scena in cui a un povero musicista scade il contratto: ha venduto l’anima in nome del successo, e ora è tempo di pagare. Soprattutto, non si avverte il ridicolo quanto compaiono fantasmi, morti ambulanti e braccia che escono dai muri. Questo perché gli effetti speciali sono usati con giudizio, le ombre spuntano dove devono spuntare, la musica sottolinea passo passo le emozioni dei personaggi, anche quando magari stanno semplicemente fissando la cinepresa dopo un incubo. Ecco allora l’inquietudine che Jane comincia a provare nei confronti della casa e dei suoi padroni, oppure la torbida lussuria che l’aspirante scrittore sente per la vicina, che in pratica ha scritto “TENTAZIONE” sulla fronte (e probabilmente in altre parti del corpo che non ci fanno vedere perché non siamo su HBO).
Inutile ignorare l’elefante nella stanza: 666 Park Avenue è evidentemente figlio del successo di American Horror Story. La grande differenza è che lì siamo su una cable, che quindi ammette (anzi, sollecita) trame più intricate, esperimenti visivi più arditi, splatter più truculento e seghe mentali più snob. Con 666 passiamo su una rete generalista, e non si può fare troppa filosofia.
Da qui l’approccio narrativo quanto mai esplicito (la natura diabolica di Gavin è chiara dopo mezzo minuto), la ricerca di una maggiore comprensibilità della trama, e in generale il tentativo di rendere la serie più “facile”. American Horror Story rimane dunque un’operazione di maggior valore, più densa di significati e stratificazioni, ma 666 mette comunque sul piatto una cura formale di prim’ordine e grosse potenzialità di sviluppo futuro: la storia è assai orizzontale, e i casi di puntata – o forse dovremmo chiamarli inquilini di puntata – saranno solo un contorno dell’obiettivo principale, cioè la progressiva corruzione della purezza di Henry e Jane.
Insomma, me lo son proprio goduto ‘sto pilot, nella brividosa vuotezza del mio buio salotto. Di più, vi dico che tra i nuovi drama è il migliore: più centrato di Revolution (che ancora deve decidere se essere Lost o Hercules); ben più originale dei Mob Doctor e dei Made in Jersey (Satana rimane un tema poco battuto dalle serie tv, sempre piene di poliziotti, medici e trentenni single…); girato, montato e dialogato infinatamente meglio di Last Resort. Intendiamoci, non sono qui a strapparmi i pochi capelli rimasti. Ma l’autunno è iniziato fiacco, e 666 mi pareva finalmente una bella novità.
Ecco, avrei chiuso qui, tanti saluti e via. E invece no, perché escono i dati di ascolto e i commenti, e finisce che devo proseguire.
Pur col buon traino di Once Upon a Time e Revenge, 666 Park Avenue è andato male. Ma male vero, tipo il 30% in meno rispetto a Pan Am, che poi è stata cancellata. Se il buongiorno si vede dal mattino…
A questo punto, il recensore si prende le sue responsabilità, e cerca di capire cosa non ha funzionato. Non che la mia personale valutazione cambi di una virgola – son già pronto a gustarmi il secondo episodio – ma è giusto porsi delle domande. Forse è stato il posizionamento, perché la serie mi sembra comunque molto distante da Once e Revenge. Forse, come mi suggerisce il Villa dalla regia, è anche colpa dei protagonisti giovani, che similmente a Revolution sono fin troppo perfettini e per questo antipatici (però Revolution tira, e comunque io dico: è giusto che siano perfettini, perché se il diavolo corrompe qualcuno che è già corrotto, che gusto c’è?). Forse la trama è troppo esplicita, troppo dichiarata, e molti potenziali spettatori si aspettavano più mistero e meno ascensori assassini (ricordiamo che ABC è la rete di Lost). Forse scoprire i mosaici coi draghi in cantina fa effettivamente un po’ ridere (a meno che uno non abiti a Westeros). Forse è dalla prima puntata di Brothers & Sisters che si vorrebbe prendere David Annable a calci in bocca. Forse la serie è troppo inquietante per chi guarda Oprah, ma troppo poco per gli smaliziati fan di American Horror Story.
A questo punto, cari i miei serialminder, la parola a voi: cosa vi ha dato tanto fastidio di 666 Park Avenue? A parte, ovviamente, che ogni volta che si tolgono i vestiti non si vede neanche mezza tetta? (non son più abituato…)
Perché seguirla: confenzione impeccabile, bel cast, sviluppi promettenti.
Perché mollarla: probabilmente non li vedremo mai gli sviluppi, con quei dati c’è il concreto rischio che non vada oltre il sesto episodio. Forse quinto.
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