Moone Boy – La comedy dell’amico immaginario idiota di Marco Villa
La storia di un bimbetto (giustamente) bullizzato
Chris O’Dowd è Roy di The It Crowd. E anche l’improbabile uomo d’affari che in Girls viene illuso con un’ipotesi di threesome da Marnie e Jessa e poi torna da protagonista nel season finale. È, insomma, uno che ne sa ed è parecchio bravo. Ecco, Moone Boy è serie creata e interpretata da Chris O’Dowd ed è un gran bel vedere.
Moone Boy racconta la storia di Martin, ragazzino decenne a fine ’80 in una cittadina irlandese, e del suo amico immaginario Sean, interpretato appunto da Chris O’Dowd. Martin è uno sfigato: è il saputello odioso che viene bullizzato da chiunque. Meglio: è il saputello odioso che viene giustamente bullizzato da chiunque. La genialità della serie è tutta qui: il protagonista non è il bimbetto tanto caro che vorreste proteggere dalla malvagità del mondo, ma è un rompipalle che vorreste bullizzare a vostra volta, anche mettendovi in fila e staccando il bigliettino per aspettare il vostro turno. Petulante, invadente, con una vocina insopportabile. Ce le ha tutte. L’amico immaginario Sean è responsabile per almeno un buon 60% di questo carattere: bellissime le scene in cui Martin si rende conto di quanto può essere fastidioso e pensa “magari la prossima volta cambio atteggiamento”. Pensieri subito abortiti dopo l’intervento dell’amico immaginario che lo sostiene dicendo che sta facendo tutto alla grande e tutti lo amano. Ecco, no. Nessuno ti sta amando, amico Martin.
Ok, l’amico immaginario è un’idea carina, ma che perde (e perderà per sempre) forza dopo l’invenzione di Wilfred e del cane immaginario. Ma anche amen e freghiamocene, perché Moone Boy è una comedy che funziona, in cui a girare bene non è solo la coppia protagonista, ma anche tutti i comprimari, primi fra tutti i genitori. Che non sono solo i genitori del protagonista, ma anche dei suoi compagni di scuola. Nel pilot, per dire, si crea una sorta di riunione perenne dei padri, stile alcolisti anonimi, tutti uniti nel cercare di affrontare lo strapotere che i figli hanno sulla loro vita, in una sorta di versione allargata dell’isola dei figli unici di Caro Diario di Moretti.
Da segnalare anche una robina stilistica: Martin è un disegnatore in erba e spesso ci sono passaggi dedicati ai suoi disegni, anche con animazione, fatto che dà a tutto una componente indie all’1% che ingentilisce il tutto e colora un po’ quel mondo diversamente allegro che è l’Irlanda degli anni ’80.
Perché seguirlo: perché l’idea dell’amico immaginario è divertente, O’Dowd è bravo e la scelta di un protagonista oggettivamente cagacazzo è tutto tranne che scontata
Perché mollarlo: perché i disegnini indie non bastano a farvi rallegrare quando l’ambientazione è la perfetta rappresentazione della noia