7 Settembre 2012 14 commenti

JJ Abrams, Eric Kripke e Revolution – Si può dare di più di Diego Castelli

La nuova stagione comincia con una delle serie più attese

Copertina, Pilot

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Sei lì che dici “massì, manca ancora una settimana all’inizio dei nuovi pilot, occuperò il tempo ravanando nell’ombelico”, e questi cacciano fuori il pre-air di Revolution… non ero pronto!

Vabbe’, ricomponiamoci, che siamo già a parlare di una delle serie più attese dell’anno.
Creata da Eric Kripke (papà di Supernatural).
Prodotta da JJ Abrams (che ve lo dico a fare).
Diretta, almeno nel pilot, da Jon Favreau, regista dei primi due Iron Man (ma va sempre ricordato che è anche attore, ed è stato fidanzato con Monica in Friends per diversi episodi).

Insomma, NBC mette giù i pezzi da novanta e punta al bersaglio grosso, con un concept aggressivo e una produzione ambiziosa.
Anche se siete come me, e cercate di evitare troppi trailer e anticipazioni varie, probabilmente sapete qual è l’idea alla base di Revolution: per un motivo ancora non specificato, la Terra intera rimane senza elettricità. Niente lampadine, computer, iPhone. Niente automobili, aerei, navi. Niente medicine. Il pianeta viene riportato indietro di due secoli abbondanti, lasciando però la memoria di un passato luminoso (in tutti i sensi).

Una cosa va detta subito: Revolution è diversa da come me l’aspettavo. Pensavo che avremmo seguito un certo numero di personaggi fin dai primi giorni del blackout globale. Invece no, perché dopo una scena d’apertura piuttosto potente ci si sposta in avanti di 15 anni, quando la mancanza di energia elettrica non è più la novità, ma la norma. Ecco allora le grandi città ricoperte di vegetazione (un po’ tipo Io sono leggenda), i periti d’assicurazione diventati pericolosi armigeri, gli adolescenti pascolano le pecore e non hanno mai visto un computer.
Ovviamente, il passato ritorna sotto forma di saltuari flashback, probabilmente imposti da JJ Abrams al grido di “senza flashback vado via”, ma ciò non toglie che la vicenda si svolga al 90% in un futuro postapocalittico in cui il nostro presente è solo un ricordo, che lascia in eredità carcasse di aerei (volute da JJ al grido di “senza aerei che cadono vado via”), vecchie foto e consunte magliette degli AC/DC.

Breve lista di protagonisti:
Charlotte e Danny Matheson, figli di un tizio che muore presto ma che è assai importante nella storia del blackout (scusate lo spoiler, ma fidatevi, non è grave).
Miles Matheson, zio dei due ragazzi, ex soldato cercato dai cattivi tanto quanto il fratello.
Aaron, ex riccone dipendente di Google che ora è solo un tizio simpatico allergico alle api.
-Monroe, malvagio capo di una delle molte Repubbliche sorte negli ex Stati Uniti.
-Neville, braccio destro di Monroe, interpretato dal nostro amato Giancarlo Esposito.
-Nei flashback c’è anche Elizabeth Mitchell, ex Juliet di Lost, sempre perché JJ avrà detto “se non c’è qualcuno di Lost, vado via”.

Se a questo punto vi siete rotti dei dettagli su trama e personaggi e volete un fottutissimo commento, allora vi dirò che il giudizio su Revolution è un secco e inequivocabile “nì”.
Bisogna liberarsi da un po’ di aspettative fuorvianti: per quanto Revolution contempli una lunga lista di misteri e domande irrisolte (perché l’elettricità è svanita? Quanto ne sanno i fratelli Matheson? Quali sono i veri piani di Monroe? ecc ecc), non siamo di fronte a un goffo clone di Lost, in cui lo spettatore viene appositamente lasciato nel buio a brancolare. No no, Revolution è svelto, e nel pilot succedono un sacco di cose, secondo uno schema problema-soluzione-problema-soluzione.
Questo è un primo pregio, ma anche un limite. Se questa impostazione rende il pilot scorrevole e d’effetto, allo stesso tempo toglie parecchio pathos a tutta una serie di situazioni che così, cotte e mangiate, rimangono solo grumi di trama accumulati uno sull’altro.

A dispetto delle attese, Revolution è inoltre sorprendentemente avventuroso: pieno di inseguimenti, sparatorie, archi e frecce, combattimenti corpo a corpo che farebbero l’orgoglio della principessa Xena.
La messa in scena concorre a questo risultato: scorci ampi e luminosi, tanta natura, montaggio mai troppo complicato, attori scelti con cura per lasciare poco spazio ai dubbi: Charlie è di una bellezza pulita e quasi disneyana, lo zio Miles è proprio un ex soldato un po’ invecchiato ma con tante cartucce da sparare, Aaron è il cicciotto sfigatello ma a cui vuoi subito bene.
Fortunatamente, malgrado queste scelte “facili”, non si arriva alle debolezze buoniste di Terra Nova, che voleva essere uno show per famiglie e si dimenticava di far vedere i dinosauri che sbranavano la gente. In Revolution la gente muore, e anche spesso.

Allora perché “nì”? Presto detto: se ti chiami “Revolution” e ti basi su un concept così ambizioso, io non posso che aspettarmi una “rivoluzione”. Me l’hai suggerito tu, mica ti puoi tirare indietro! In questo senso, di rivoluzionario c’è poco e niente. Gli scenari postapocalittici ormai spuntano come funghi (con alieni, zombie, quello che volete), e se il tentativo di rendere il racconto fruibile da tutti è molto comprensibile – gli aspiranti eredi di Lost ci ricordano che essere troppo complicati sulla tv generalista è una strada moooolto pericolosa – d’altra parte rende il tutto meno intenso, poco memorabile. Lo si vede, come detto, nei troppi eventi uno dietro l’altro, ma anche in personaggi che vivono quegli stessi eventi con troppa facilità, trasformati da pacifici contadini ad avventurieri spietati nello spazio di poche scene. E per quanto mi riguarda, ho vissuto con un po’ di delusione la mancanza di un racconto più drammatico e angosciante dei primi giorni di blackout.

E’ ancora presto per dare un giudizio completo. La base c’è, la curiosità anche, ma bisogna scavare di più, creare spessore, trasformare in ricordo indelebile quello che per ora è piacevole intrattenimento.
Revolution si merita la visione del secondo episodio, ma temo non sia il primo vero botto dell’autunno.
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Perché seguirla
: il pilot scorre via veloce e piuttosto divertente.
Perché mollarla: non sorprende come speravamo, e da nomi di quel calibro era lecito aspettarsi una partenza più incisiva.
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PS del Villa: Sottoscrivo quanto detto dal socio, aggiungo alcune pecche, ché lui come sempre è di manica larga. Un casting a mio avviso sbagliato, adatto a una serie teen: ogni attore potrebbe essere preso e ficcato dentro The Vampire Diaries (e lo zio Miles è la versione invecchiata di Damon Salvatore). E poi rendiamoci conto che è identico a The Walking Dead, ma senza zombie (la scena alla cava con il lago? Deja-vu?). Mi sa che qui non siamo di fronte a un “goffo clone di Lost”, ma una nuova generazione di quella stirpe: in quanto a rischio epic fail, siamo di fronte all’erede di Flash Forward. Vedremo. Ah, il padre della protagonista sembra Matteo Renzi. Ero in serata di somiglianze.

PPS del Castelli scritto-a-tarda-sera: Gesù, ci assomiglia sul serio a Renzi!



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