Parks and Recreation – Il finale della quarta stagione di Marco Villa
Il grande salto di qualit
Un anno fa provavo a scrivere per la seconda volta di Parks and Recreation. Il primo tentativo risaliva a dodici mesi prima e si era risolto in un post del tutto anonimo. A maggio 2011 non andò meglio, visto che dovetti ripiegare su un espediente da vero cialtrone come il post a punti. Ma perché è così difficile parlare di Parks and Recreation? Il motivo credo sia che non c’è una comicità semplice, diretta, come in un New Girl, giusto per nominare un titolo che ci piace tanto.
In Parks and Recreation si ride perché si viene a creare un ambiente perfetto. Magari le battute non sono così esilaranti, ma inserite in quel contesto, con quei personaggi e quelle relazioni diventano tante piccole bombe. Ecco perché all’inizio non prende subito: bisogna entrarci, capire un po’ di cose. Solo a quel punto si inizia a essere davvero soddisfatti. Un po’ come per Community, anche se le similitudini tra le due serie poi si fermano qui. Ecco allora – e ritorno alla prima riga – perché è così difficile scrivere di Parks and Recreation: la forza della serie è qualcosa di impalpabile. Puoi riuscire a spiegarlo se scegli di raccontarla episodio per episodio, ma sapete bene che queste cosacce noi non le facciamo. Nonostante tutta questa premessa fumosa, il succo di questo post è che quest’anno Parks and Recreation ha fatto un salto di qualità e – rullo di tamburi – sono finalmente in grado di scrivere qualcosa di senso compiuto. Lo so, era da Il sesto senso che non assistevate a un colpo di scena così clamoroso.
Cosa è cambiato in Parks and Recreation nella quarta stagione? Semplice: è stata inserita una componente orizzontale fortissima, che ha dato una spina dorsale alla stagione e, miracolo, non ha snaturato il telefilm. Sto parlando ovviamente della corsa di Leslie alla carica di councilman di Pawnee, il cui racconto ha occupato buona parte delle puntate della quarta stagione. Certo, anche in passato c’era stata una componente orizzontale, ma si trattava di cose piccole, quasi sempre legate alla vita sentimentale dei protagonisti e mai in grado di diventare narrazione vera. La campagna elettorale di Leslie, invece, è stato qualcosa di impegnativo, che ha fagocitato tutto il resto e ha attirato su di sé ogni altra storyline, che nasceva o moriva nella sfida politica. Basti pensare alla crescita di April o al rapporto tra Tom e Ann, costantemente legato agli eventi e alle sfighe della campagna elettorale.
Il risultato è che oltre a divertirsi per le cazzate dette e fatte da Ron Swanson e soci, per la prima volta ci si è realmente appassionati a quanto stava accadendo. Prova tangibile è l’annuncio dell’esito delle elezioni su cui sfido qualunque seguace di Parks a non emozionarsi. Ecco, l’innesto di una narrazione lontana dagli sketch e con un respiro più ampio del giochino da due minuti è la chiave della quarta stagione. Ed è l’elemento fondamentale che può dare la spinta decisiva a Parks and Recreation, che, forte del rinnovo di 22 puntate (unica comedy NBC ad averlo ottenuto), punta ora a diventare LA comedy.