The Good Wife – Il finale della terza stagione di Angela Maiello
I grandi recuperoni di Serial Minds: The Good Wife
Un season finale come questo non l’avevo mai visto: domenica scorsa è andata in onda l’ultima puntata della terza stagione di The Good Wife e per la prima volta è sembrato che il puzzle fosse finalmente completo, bello pronto per essere fatto a pezzi di nuovo. Chissà, forse è la vecchia storia della regola aurea del tre, ma ora è con una strana impazienza che noi appassionati attendiamo la quarta stagione. Procediamo però per gradi, visto che qui su Serial Minds non se n’è mai parlato.
The Good Wife è Alicia Florrick. La prima volta che l’abbiamo vista era accanto al marito, Peter, mentre questi annunciava pubblicamente le proprie dimissioni da procuratore di Chicago, in seguito a uno scandalo condito con sesso e corruzione. Alicia aveva abbandonato la propria carriera di avvocato per amore della famiglia, ma improvvisamente perde tutto, il marito finisce in galera e lei è costretta a tornare a lavoro. Il gioco sembrava dunque facile: l’emancipazione della moglie dal marito, il percorso di ricostruzione di una donna che acquista consapevolezza e autonomia. E una domanda di fondo: una self-made woman può essere una brava moglie?
Non lasciatevi però ingannare, qui non c’è alcuna retorica femminista. Grazie alla bravura di Julianna Margulies (l’amata e indimenticata Carol Hathaway di ER) il personaggio di Alicia prende spessore, sfuggendo di stagione in stagione ad una statica caratterizzazione. Sobrietà, sensibilità e spietata intelligenza: sono queste le uniche costanti del suo personaggio, declinate diversamente a seconda delle occasioni. Con astuzia in aula di tribunale – dimenticavo, The Good Wife è di base un avvincente legal drama – con femminile e un po’ timida sensualità nella sua storia con Will Gardner (Josh Charles), con perentoria risolutezza nei confronti di chi cerca di manipolarla, dall’invadente suocera al geniale ed irresistibile Eli Gold (Alan Cumming) stratega politico di Peter, che sì, irrealisticamente per la puritana America, riesce a tornare in politica dopo lo scandalo. E se Alicia rappresenta l’apparente ordinarietà, Kalinda Sharma (Archie Panjabi), il detective che chiunque vorrebbe avere come amica, ci abitua invece ad avere a che fare con il mistero, con zone d’ombra inaccessibili, con inspiegabili contraddizioni e dubbi ricorrenti.
Ecco alcuni di questi verranno dissipati proprio in questo season finale (niente spoiler di rilievo, tranquilli), giocato tutto sulla metafora della porta. Si aprono le porte dell’ascensore su cui viaggiano Will e Peter e ad attenderli c’è Alicia; Kalinda se ne sta seduta su una poltrona dietro la porta del suo appartamento, una valigia disfatta sul letto e in mano una pistola carica, aspettando uno dei misteri del suo passato; sulla soglia della sua vecchia casa, calpestando un tappeto che dice Welcome! Alicia deve decidere se tornare indietro oppure no. Non è l’irresolutezza delle scene in sé ad alimentare l’attesa (tipica dei finale di stagione), ma la curiosità di sapere ora quali strade prenderanno i personaggi, nella loro sfaccettata complessità: apparentemente giunti alla saturazione del proprio carattere dovranno forse re-inventarsi. E a ben pensarci è proprio questo il concetto chiave della serie, oltre che probabilmente il motivo del suo successo: fin dall’inizio Alicia già non era più thegoodwife, perché non ci sono più ruoli e stereotipi da interpretare, ma solo storie ordinariamente complicate da riscrivere. Restiamo in attesa allora, la nuova stagione non è poi così lontana.