Bent – Sesso, sesso, sesso. E la figlia di Toro Seduto. di Marco Villa
Una nuova comedy molto tranquilla e con un caso di casting cagnesco familiar-transgenerazionale
Qui a Serial Minds abbiamo un punto di vista piuttosto chiaro sulle comedy. E alcune sicurezze: basta risate finte, basta riprese multicamera, ritmo, ritmo, ritmo. Aspetti che ci si immagina scontati, guardando quei quattro numeri che ci sono sul calendario e ci ricordano in che anno viviamo. Così come siamo più o meno spietati con i prodotti che sanno di vecchio, allo stesso tempo non siamo certo sempre lì a elogiare ogni sitcom vagamente nuova. Come nel caso di Bent, che in teoria rispetta tutti i dettami che per noi fanno una bella serie comedy, ma che non fa certo balzare in piedi dall’entusiasmo.
Bent è una nuova serie comedy di NBC, in onda dal 21 marzo. Racconta le storie di Alex e Pete. Lei avvocato fresca di divorzio e con figlia, lui muratore che le sta sistemando la casa. Lei è parecchio rigida e impostata, lui un surfista che ne porta a casa una a notte. Dove andremo a parare, secondo voi? Esatto, proprio lì. Fin dalle prime sequenze è chiaro che Bent si reggerà sul rapporto tira-molla tra i due, in cui lui è costantemente disponibile a giacere con lei e lei, per questioni di principio, si rifiuta ostinatamente. Tutta una faccenda di unresolved sexual tension che funziona ed è divertente e che, soprattutto, è completamente esplicita. Gran parte dei dialoghi di Bent è sul sesso: fatto, non fatto, potenziale, auspicabile. Discorsi molto sereni e leggeri, senza alcun pippone mentale.
Sempre sul sesso è basato il passato dei personaggi (lui ha perso un lavoro e la fiducia dei colleghi andando a letto con una committente, lei è reduce da tradimento da parte del marito) e la caratterizzazione di quelli secondari: ci sono quelli che il sesso lo fanno (e gravitando intorno a Pete) e quelli che guardano gli altri agire (i colleghi di Pete, tra cui Gary, interpretato da Jesse Plemons, il buon Landry Clarke di Friday Night Lights). Completa il quadro la presenza di Jeffrey Tambor. Il grande George Bluth Sr di Arrested Development è qui il padre del protagonista. Ovviamente un uomo senza alcuna dote di saggezza, intento a inseguire donne che hanno una trentina di anni meno di lui.
Le prime due puntate andate in onda sono molto ritmate, caratterizzate da scene brevi e dialoghi molto rapidi. Il risultato è qualcosa di leggero, rilassato e tranquillo. Tutti elementi positivi, ma per il momento non sufficienti a catturare in pieno lo spettatore. Bent è un prodotto che gioca su atmosfere e situazioni, più che su battute dirette e immediate. Anche i dialoghi – ben scritti – sono giocati soprattutto su piccoli ribaltamenti, mai su frasi a effetto o punchline memorabili. Il risultato è ovviamente qualcosa che non stende al primo colpo, ma che ha la potenzialità per creare un mondo in cui ci si possa trovare bene. Sempre che ce ne sia tempo, visto che gli ascolti hanno assegnato a Bent la palma di peggior esordio stagionale per NBC. Alè.
Prima di lasciarvi alle vostre scintillanti giornate, mi preme però introdurre un concetto che reputo piuttosto importante. Bent è il primo caso di casting cagnesco familiar-transgenerazionale. Vuol dire che ci sono due attrici cagne che interpretano madre e figlia. Uno sforzo di coerenza notevole e ammirevole dal punto di vista del casting, ma anche il punto peggiore della serie.
Si parla di Amanda Peet e della ragazzina che interpreta la figlia. Ora, Amanda Peet a me sta simpatica. Ha fatto anche Studio 60, quindi un po’ le sono affezionato. Il problema è che non ce la fa. Ha una voce interessante, un modo tutto suo di recitare, ma ha un elemento che la uccide: gli occhi pallati. Quegli occhi sempre spalancati che sembrano dire “ma davvero questa macchina prende la mia immagine e poi in qualche modo la mia faccia viene trasmessa in una scatola quadrata che tutto guardano?”. Praticamente la figlia di Toro Seduto, preoccupata che la macchina fotografica le possa rubare l’anima. E capite che non è esattamente il modo migliore per dare naturalezza a una serie. Poi ci aggiungete una figlia che vorreste sopprimere dopo un quarto di inquadratura e l’ostacolo più grosso alla visione di Bent è presto trovato. Ma non è il caso di fermarsi di fronte a queste quisquilie. Visti i numeri, difficilmente rivedremo Bent nella prossima stagione, ragion per cui una decina di episodi potrebbero tranquillamente meritare la visione.
Perché seguirlo: ritmato, libertino, tranquillo, rilassante, Jeffrey Tambor.
Perché mollarlo: serie più d’insieme che legata a battute o a schemi da sitcom classica. Ha bisogno di tempo per crescere.