Once Upon a Time e Grimm – L’aggiornamento di Diego Castelli
Come sta andando la sfida delle serie fiabesche?
Cari amici, è giunto il momento di aggiornarci sulle fiabe.
No, non cercheremo di spiegare come sia possibile che una ragazzina vestita di rosso e che si suppone sana di mente possa scambiare un cane per sua nonna, né cercheremo di capire come sia possibile che quella maledetta scarpetta di cristallo andasse bene solo a una e una sola fanciulla del regno (o portava il 26 o il 52, entrambe prospettive inquietanti).
Molto più semplicemente, credo sia ora di aggiornare l’appassionante sfida di inizio stagione, quella che vedeva contrapposte Once Upon a Time e Grimm, entrambe serie basate sull’antico e varipinto mondo delle favole.
Me ne occupo io, ovviamente, perché il Villa ha abbandonato il campo dopo i rispettivi pilot, e dobbiamo essere contenti se segue Game of Thrones, così politico da essere quasi non-fantasy.
Ebbene, se ricordate c’era stato acceso dibattito qualche mese fa: dopo i pilot, ci eravamo detti che Once Upon a Time si basava su un’idea molto coraggiosa, ma che si esponeva più facilmente al ridicolo, mentre Grimm aveva un impianto di base più tradizionale, ma forse troppo anonimo (se non scopiazzato da Supernatural, come molti di voi avevano sottolineato).
In un primo momento, la mia personale preferenza cadeva su Grimm, capace di slanci ironici che Once non aveva. Ad ogni modo, col passare dei mesi ho imparato ad apprezzare diverse buone idee della serie con Jennifer Morrison, trovando al contempo margini di noia in Grimm, soprattutto perché finora molto poco orizzontale (e voi sapete che a me i crime verticali dopo un po’ stufano, a prescindere dalla presenza dei lupi mannari o e dei topini antropomorfi).
Detto questo, vi confesso che nessuna delle due serie riesce a entusiasmarmi veramente: cioè, non attendo nessuna delle due come aspetto invece House, o Fringe, o How I Met Your Mother. Continuo a seguirle per poter scrivere post come questo e per vedere se tirano fuori qualche sorpresa, ma non vi nascondo che se non ci saranno guizzi particolari, potrei mollarle entrambe prima della prossima stagione.
Per sgombrare il campo da equivoci, è evidente che la sfida degli ascolti è stata vinta da Once Upon a Time. Di fatto parliamo di una delle novità più forti della stagione, che nonostante un discreto calo dei dati nelle settimane successive al pilot rimane una sorpresa anche per molti addetti ai lavori. Grimm invece, subito inserito di venerdì e quindi non considerato una vera e propria punta nemmeno dalla sua rete, ha vivacchiato su ascolti decenti che dovrebbero garantirgli una seconda stagione, ma senza fuochi d’artificio.
La cosa interessante, comunque, riguarda certi sviluppi dei due prodotti, che introducono (o confermano) alcune perplessità per il futuro.
Once Upon a Time, che all’inizio sembrava basarsi su un’orizzontalità abbastanza spiccata, si è ritargliata ampi spazi per “casi di puntata” relativamente chiusi, che ogni volta mettono in scena versioni distorte e modificate di alcune fiabe famose, con il tentativo di constringere i personaggi già presentati all’interno di più storie diverse. Penso ad esempio a quando Tremotino è diventato improvvisamente la “Bestia”, in una versione de “La Bella e la Bestia” con Emilie de Ravin co-protagonista (per i nostalgici di Lost).
Ma abbiamo visto anche Hansel e Gretel, i sette nani, il passato dello stesso Tremotino, in una compenetrazione di mondi e avvenimenti che ricorda un po’ gli universi fumettistici della Marvel e della DC Comics: ci sono i vari supereroi, che vivono le loro singole avventure, ma poi possono anche incontrarsi e riconoscersi in quanto supereroi “vicini di casa”, esattamente come una Biancaneve che incontra Cenerentola e la saluta come sovrana di un altro regno.
Grimm, come ci si poteva aspettare fin dall’inizio, ha intrapreso una strada molto diversa. Nonostante gli espliciti riferimenti a Cappuccetto Rosso nel pilot, si è poi evoluta in una “serie investigativa con creature non umane”, che affondano le radici in varie mitologie, ma che non rimandano in modo così preciso a questa o quella fiaba.
Nelle intenzioni, Grimm ha cercato (e cerca) di rivolgersi a un pubblico più adulto e meno familiare di Once Upon a Time, che invece punta smaccatamente a mamme e bambini (una generalizzazione esagerata, visto che molti di voi non sono né mamme né bambini, ma tanto per capirci). Questa vena adulta di Grimm è andata progressivamente irrobustendosi, soprattutto dal punto di vista visivo: chi ha seguito la serie fino all’altro giorno (io e pochi altri, forse) si è accorto che la componente splatter è aumentata considerevolmente, con cadaveri squartati come si deve e una più generale voglia di colpire allo stomaco lo spettatore. Ad ogni modo, il tono generale non è cambiato, né è scomparsa la vena ironica, poggiata in larghissima parte sulle spalle di Monroe, confermatosi gran personaggio (probabilmente il mio preferito delle due serie che stiamo analizzando).
Insomma, per ora i due telefilm proseguono senza clamorosi scossoni: fanno cose diverse, hanno approcci diversi, cercano pubblici in buona parte diversi. Ma tutte e due presentano alcune possibili criticità.
Evidentemente, i problemi di Once Upon a Time non stanno nel fatto che Biancaneve dovrebbe essere la più bella del reame e invece è un cesso, così come non stanno nel carattere decisamente esplicito delle ricostruzioni fiabesche o in alcune effetti speciali fin troppo evidenti. Sono dettagli a volte molto (molto) grossolani, che a me dopo un po’ fanno venire l’orticaria, ma che il pubblico ha dimostrato di apprezzare, o quantomeno di non soffrire. Il problema, molto più banale, è che prima o poi le fiabe famose finiranno: buona parte del fascino della serie sta nel trovare soluzioni creative e interessanti nella messa in scena di favole molto conosciute. Ma se devo immaginare la quarta stagione, mi viene da pensare che ormai quasi tutte le storie più amate saranno state usate, e quindi che si farà? Si punterà su Aladin e Alla ricerca di Nemo? Toy Story con Tremotino vestito da Buzz Lightyear? Cazzarola, spero di no!
La soluzione più semplice sembrerebbe quella di un’accelerazione sulla componente orizzontale, che è l’altro grande pilastro della serie: negli ultimi episodi a momenti non abbiamo visto il piccolo Henry, che pure dovrebbe essere il fulcro di tutta la faccenda: bisogna approfondire gli avvenimenti alla base del concept, superando il già stucchevole tira e molla tra Biancaneve e il Principe (li trovo coinvolgenti e commoventi più o meno come il muschio), e andando a ravanare nel torbido della malvagità di Regina, verso le grandi battaglie che in teoria attendono Emma e il suo destino di salvatrice. Perché io sono stufo di “una fiaba a puntata”. Voglio drammi più potenti, sviluppi più duraturi, risvolti più impattanti. Come quando Regina ha ammazzato lo sceriffo stritolandogli il cuore a distanza: quello sì che è stato un bel momento!
Grimm ha ugualmente bisogno di spingere sull’orizzontale, ma per altri motivi: se non lo farà, rimarrà solo un crime con i mostri, che aggiunge poco al mondo dell’investigazione, e non riesce a interessare davvero nemmeno gli amanti del fantasy. Eppure le potenzialità per fare bene le ha, perché abbiamo capito che c’è una grande cospirazione da abbattere, e un ruolo più importante per l’ultimo dei Grimm, che non sia solo catturare il cattivo di turno. Bisogna però cominciare a trattare seriamente questi argomenti, non solo nei cinque minuti finali di qualche episodio qui e là. Altrimenti, anche in questo caso, finisce che ti ritrovi a chattare su facebook mentre la puntata va avanti.
Tutto questo, però, senza dimenticare i potenziali rischi dell’orizzontalità sulle tv generaliste, che tendono a mal sopportare prodotti che, dopo tot episodi, impediscono di fatto l’ingresso di nuovi spettatori, che arrivando in corsa non capirebbero nulla di nulla.
Insomma, nel corso delle settimane Once Upon a Time e Grimm hanno trovato una loro forma compiuta, una fisionomia chiara che, al di là dei dati di ascolto più o meno alti, sembra dire cosa vogliono raccontare e a chi. Ora però bisogna affrontare la sfida del futuro, chi da una posizione più solida ma non per questo priva di possibili criticità (Once), chi su un terreno già più precario, ma che non esclude affatto possibili accelerate (Grimm).
Si rimane con una grande domanda: riusciranno le due serie a garantirsi l’attenzione di Serial Minds anche per la prossima stagione? Perché a detta degli analisti, questo sta rapidamente diventando uno dei parametri cardine (se non IL parametro) su cui si fonda il lavoro editoriale delle major americane.