The Walking Dead 2 – Midseason Finale da urlo! di Diego Castelli
Un episodio clamoroso chiude l’autunno dei non-morti
Oggi doveva esserci tutt’altro post (ne riparliamo settimana prossima), ma sono rimasto completamente folgorato dal midseason finale di The Walking Dead.
Quindi adesso lo incensiamo un po’, ok?
Va da sé che se non siete in pari col visionamento abbandonate subito questa pagina e tornate quando sarete pronti, non mi farò alcuna remora con gli spoiler.
Dunque, vediamo di essere tutti sintonizzati: questa stagione ha segnato un deciso cambio nella gestione quotidiana della serie, a fronte di un fatto banalissimo. Mentre l’anno scorso i nostri sopravvissuti si facevano strada tra gli zombie alla ricerca di altri superstiti e di un posto dove stare, questa stagione è diventata molto più statica, inteso proprio in senso “spaziale”: dopo il ferimento del piccolo Carl, i nostri si imbattono per caso nella fattoria dell’anziano veterinario Hershel, che vive con la sua famiglia in una specie di oasi agricola solo sfiorata dalla pestilenza che ha colpito il mondo intero. Hershel è disponibile e caritatevole, ma su una cosa non transige: quando Carl si sarà ristabilito, vuole che Rick e i suoi se ne vadano, perché quella è casa sua e non vuole avere gente in giro. Quindi disponibile e caritatevole, ma pure un filino stronzo.
I nostri fanno buon viso a cattivo gioco, ovviamente, ma sotto sotto sperano di poter rimanere. D’altronde chi glielo fa fare di lasciare quel bel posticino con l’erba e gli alberi e neanche un cadavere? Tanto più che Lori scopre di essere incinta (di Rick? Di Shane?), e quindi andarsene dalla fattoria sembra la scelta più idiota possibile. Unico, piccolo, insignificante dettaglio è che Glenn scopre nel granaio una dozzina di zombie, tra cui moglie e figliastro di Hershel, che l’anzianotto tiene lì tipo animali da cortile, perché convinto che siano ancora “persone malate”, e quindi meritevoli di rispetto.
Adesso basta col recap che sennò poi il Villa mi fa il cazziatone.
Una cosa che ormai abbiamo capito perfettamente, e che ci piace assai, è che The Walking Dead usa gli zombie come mero pretesto per mettere in scena un drama di forza strepitosa: sì, ci piace vedere un po’ di crani fracassati, ma più interessante è seguire le vicende di questi uomini dalla vita devastata, scoprire come reagiscono (e come forse reagiremmo noi) di fronte a una condizione che definire estrema è un eufemismo.
Ebbene, in questo finale pre-natalizio tutti i nodi vengono al pettine. In particolare, a raggiungere un importante apice è il rapporto tra Rick e Shane, che fin dai primi episodi hanno incarnato due modi diversi di vivere la tragedia: pacato, riflessivo e attendista il primo; impetuoso, rapido e decisionista il secondo. Sapevamo che i due avrebbero dovuto scontrarsi, contando anche che Shane si era rotolato insieme a Lori, moglie di Rick, ma il “come” questo confronto sarebbe avvenuto era la chiave tra capolavoro e minchiata. E capolavoro fu.
La semplice ma grande idea è stata quella di far prendere a Shane, ormai “il cattivo”, una decisione che noi spettatori riteniamo “giusta”: mandare Hershel a quel paese, prendere i fucili e far fuori gli zombie del granaio, rivendicando il diritto a rimanere alla fattoria. Sapevamo che era giusto farlo, e sapevamo che le preoccupazioni del veterinario erano sciocche superstizioni religiose, che mettevano solo in pericolo la vita di tutti. Ma fare in modo che sia Shane a prendere la decisione, con tutto il corollario di atteggiamento militar-dittatoriale che l’ex poliziotto ormai si porta dietro, è un piccolo tocco di classe: perché ci obbliga ad ammettere che Rick è il buono, ma non ha saputo prendere le decisioni necessarie alla sopravvivenza del gruppo, mentre Shane, il bastardo che ha azzoppato Otis solo per poter scappare, è l’animale eticamente squallido che però ha davvero le carte in regola per tirare fuori tutti dalla merda.
I due personaggi sono rimasti coerenti col loro percorso, ma agendo in questo modo hanno messo lo spettatore di fronte a una scelta che simboleggia tutta la complessità di una serie come questa: restare aggrappati alla nostra umanità, e per questo rischiare di morire, o cedere al nostro istinto più bestiale, che però ci darebbe maggiori possibilità di salvare la pelle? The Walking Dead finora non ha realmente deciso da che parte stare, non ci è ancora permesso di scegliere con sicurezza dove sia il giusto e dove lo sbagliato, perché se Shane è certamente pericoloso e violento, allo stesso tempo non possiamo non cogliere le ragioni del suo agire. Gli spettatori sono costretti a ponderare entrambe le vie, ragionando sulla natura umana, sulle priorità dell’essere persone, sul confine tra ciò che siamo, o vorremmo essere, e ciò che potremmo diventare in condizioni estreme.
Bene, figata, applausi. Ma non basta: negli ultimissimi minuti, la ciliegina. Dal granaio, dopo che Shane e gli altri hanno crivellato di colpi gli zombie sotto lo sguardo sconvolto di Hershel, chi ti spunta? Ma lei ovviamente, Sophia, la bambinetta scomparsa da vari episodi, che il gruppo continuava a cercare in estenuanti battute di ricerca. La bambina il cui ritrovamento era motivo quasi unico della loro costante permanenza alla fattoria. La bambina che aveva acuito la tensione tra Rick e Shane più ancora delle grazie di Lori, perché simbolo delle due opposte visioni del mondo dei due leader.
Sophia esce dal granaio, timida e zoppicante, ma decisamente zombie. E’ una scena di una potenza clamorosa, perché sorta inaspettatamente da un’altra scena emotivamente carichissima, cioè quella della strage di non-morti.
E qui si consuma l’ultimo colpo di genio di questo autunno: di fronte alla comparsa di Sophia, anche Shane si ferma. Nemmeno lui, così risoluto e interventista, può restare impassibile di fronte alla realtà della ragazzina trasformata, che era rimasta così vicina a loro per tutto quel tempo.
Chi deve intervenire allora? Ma Rick, ovviamente, che fino a quel momento aveva osteggiato la strage di zombie per rispetto verso Hershel, ma che ora tira fuori il suo pistolone e spara risolutamente in testa alla bambina, per porre fine all’angoscia, e per farsi carico della responsabilità che sente tutt’ora gravare sulle sue spalle (Sophia si era persa più o meno per colpa sua).
Alla fine è una questione di coglioni: Rick era buono e caro, ma sembrava privo di attributi, tanto da farci pensare che il bruto Shane avesse più che una ragione di essere incazzato. Attributi che però alla fine ha ritrovato, proprio quando Shane li ha persi, ma solo in un caso particolare in cui la violenza, più che rivoluzionaria, appare intrisa di pietà e dolore.
Impossibile capire cosa succederà. Quali saranno le dinamiche dopo questo fatto cruento, che lascerà cicatrici profonde in tutti i personaggi.
C’è una sola cosa certa: se qualcuno mi impedisce di vedere il prossimo episodio, datato 12 febbraio 2012, gli stacco la testa a morsi.