17 Novembre 2011 3 commenti

Family Guy 10×05 – Il miglior episodio di sempre di Diego Castelli

Puntata capolavoro per la banda di Seth McFarlane

Copertina, On Air

Ormai vi sarete accorti che non abbiamo mai scritto nulla sulle serie tv a cartoni animati. Non parlo di Daitarn 3 o Mila & Shiro (che comunque, voglio dire, rispetto…), bensì dei Simpson, dei Griffin, di South Park.
Ovviamente non è una questione di snobismo: sappiamo benissimo che questi sono telefilm a tutti gli effetti, disegni o non disegni.
In realtà è proprio per questo che non ne abbiamo mai discusso: volevamo iniziare con un bel post introduttivo, una delle mie logorroiche e insostenibili analisi, che arrivasse a dire “sì, i cartoni sono buoni tanto quanto gli altri”.

Qualcuno di voi, se avessi scritto un post del genere, mi avrebbe detto: bella scoperta, avevo proprio bisogno che me lo dicessi tu, sì sì, come no. E poi insulti vari, brutte considerazioni sulle abitudini sessuali di mia madre, e via dicendo.

Fortunatamente non sapremo mai la vostra reazione, per lo meno non oggi, perché il post-pippone è rimandato. Ma dei cartoni parliamo lo stesso, a causa di un evento tanto inaspettato quanto fulminante.
Dopo dieci anni di messa in onda, Family Guy, il più importante prodotto della mente deviata di Seth MacFarlane, ha raggiunto una punta qualitativa così elevata, da lasciarci totalmente di stucco.
Sapendo di incoraggiare polemiche di ogni tipo (che poi si traducono in click sul blog, quindi ben vengano), lo dico chiaramente: l’episodio 10×05 è il migliore di sempre.
Vi ho lasciati a bocca aperta, eh?

Perché cotanto trasporto? Be’, se un po’ avete imparato a conoscere i nostri gusti, sapete che le serie comedy che sanno usare in modo intelligente la metatestualità, i rimandi interni ed esterni, le citazioni brillanti, sono tra le cose che preferiamo. Probabilmente perché ci fa sentire dei critici fighi, che ne sanno più degli altri.

Ebbene, pochi giorni fa Family Guy ha raggiunto un traguardo forse ineguagliabile. Stewie, il terribile e geniale infante diventato un’icona della serie, negli anni si è reso spesso protagonista di tali viaggi temporali e interdimensionali, che al confronto Peter Bishop è uno che fa le gite con l’oratorio. Questa volta, insieme al consueto compagno di scorribande Brian, si è reso protagonista di un’idea tanto semplice quanto geniale: McFarlane e i suoi hanno deciso di catapultare i nostri eroi niente popò di meno che… nel pilot della serie!
Avete capito bene: nell’episodio intitolato “Road to the pilot” (tanto per essere chiari), Stewie e Brian vengono trasportati al 31 gennaio 1999, giorno di messa in onda della prima puntata di Family Guy.

Subito dopo essersi reso conto della clamorosa notizia, lo spettatore viene investito da una tale quantità di genialate da rendere difficile la loro piena assimilazione. In particolare – e qui la nostra sensibilità critica va in brodo di giuggiole – i due personaggi giudicano i sé stessi del passato e gli altri protagonisti in base a categorie completamente extradiegetiche (scusate la volgarità), come la qualità dei dialoghi e del disegno: riguardando oggi una puntata della prima stagione di Family Guy è facile accorgersi come il tratto grafico fosse più grezzo e meno rifinito. Ebbene, lo Stewie del futuro se ne accorge, chiedendo al suo compare cosa avessero i loro stessi del passato, per apparire in quelle condizioni. Magistrale il riferimento esplicito a un errore di disegno in un’inquadratura di Peter, in cui l’occhio destro del paffuto padre di famiglia apparve improvvisamente sopra il naso invece che dietro.
In pratica, gli autori sono andati a riprendere le stesse identiche immagini (e forse le hanno parzialmente ricostruite, a giudicare da certi confronti come quello qui sotto) e lo stesso identico doppiaggio di dodici anni fa, inserendo al loro interno i personaggi del futuro, in maniera assolutamente fluida ma allo stesso tempo del tutto straniante.

E che dire di quando i Griffin del passato si bloccano senza motivo, fin quando Stewie e Brian non capiscono che si tratta delle pause per consentire la messa in onda dei flash back? In pratica, bambino e cane del futuro ci stanno dicendo che loro stessi sono attori, e che ogni qual volta si presenta un flash back comico (uno dei marchi di fabbrica della serie) sono costretti a interrompere la recitazione, facendo altro o, come dodici anni fa, stando semplicemente fermi e zitti.

Ma poi fosse solo questo: ci sono altre citazioni, scenari postapocalittici in una realtà senza 11 settembre, trasformazioni in computer grafica, e un improvviso concatenarsi dei salti temporali che finisce col far incontrare decine di coppie “Stewie-Brian”, in una fantastica cacofonia spaziotemporale che ricorda molto da vicino quel capolavoro della narrazione popolare che è Ritorno al Futuro (che forse per primo, nel suo secondo capitolo, ha introdotto il concetto di “tornare al pilot”).

Tutto questo in neanche 22 minuti. 22 minuti ricolmi di puro e semplicissimo genio, di creatività nuda e cruda, di quella rara specie che ti fa incazzare perché tu nel tuo piccolo non riesci a trovare parole migliori per descriverne la magnificenza, se non “creatività nuda e cruda”.

Lo so, non è il post più preciso e analitico che abbia mai scritto. E sono decisamente troppo entusiasta, sembro sotto acido. Ma quando arrivano episodi di questo livello, quale che sia la serie che stai guardando, ti ricordi perché hai deciso di scrivere in un blog di telefilm, vuoi comunicare al mondo la tua gioia, e fanculo all’organicità degli articoli e alla prosa fluida.

Solo applausi.
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