La Versione di Tina – Entourage (e datemelo sto lavoro alla HBO, che cavolo!) di Vale'n'Tina
Bello sbirciare la vita di Hollywood, col sogno di viverla sul serio
Visto che ormai, sappiamo, m’è presa la fissa delle serie HBO, voglio dire, perché non continuare a parlarne?
Nel frattempo volevo rassicurarvi sul fatto che non vi lascerò tanto presto: ho mandato il mio curriculum a TUTTE le loro filiali/dipartimenti/uffici, ho riempito moduli che di me volevano sapere la qualunque, perché mi sono lasciata col mio ultimo fidanzato (boh, non conservo un ricordo particolarmente vivido degli anni ’80), se ho casi di schizofrenia in famiglia (sì: io), se mi lavo i denti con un dentifricio mentolato o meno (non credo di capire la domanda). Ma come, non lo sa che il mentolato è migliore dato che lascia un alito più fresco?
Ehn?
Tutto ciò per dire che sono FOLLI.
In ogni caso, sono passati 6 giorni e ancora nessuno si è fatto vivo. Probabilmente si trovano disorientati dal ritrovarsi uno stesso curriculum che chiede di essere preso in considerazione sia per il posto di pulitore del toner della fotocopiatrice nel corridoio C che per quello di manager.
Manager, certo. È inutile puntare basso, no? E poi mi ci vedo tanto in tacchi alti a bere il caffè con fare nervoso e isterico.
Beh, comunque, non divaghiamo: continua la carrellata dei prodotti della società di mio futuro possesso con una serie che si chiama Entourage.
COS’È:
La storia di tale Vincent Chase (Adrian Grenier, quel tipetto carino ma dall’aria vagamente frocia che avete visto in Il Diavolo veste Prada in quanto fidanzato della protagonista), un ggggiovane che fa l’attore a Hollywood e a un certo punto diventa il Leonardo DiCaprio della situazione e mezzo milione di quattordicenni a strappargli le mutande e farsi ingravidare.
Attorno al caro Vincent, l’entourage, appunto, fatto del fratello wanna-be-pure-io-una-star-ma-nun-ja-fò ( e quindi mi rode) interpretato da Kevin Dillon; c’è poi Kevin Connolly, migliore amico di Vincent e un altro tizio soprannominato Turtle.
I tre si occupano del famoso attore, dal cucinargli le uova strapazzate la mattina, al riportarlo a casa fatto e sbronzo la notte.
Il migliore di tutta la combriccola però, è Ari Gold, alias Jeremy Piven, l’agente di Vincent. Bastardo senza appello, scaltro come una faina e feroce come una donna a dieta, diventerà il capo della più megagalattica agenzia di star di tutta l’America riunita. E adesso capite perché l’adoro.
PERCHÉ DEDICARCISI :
Perché è figo. Punto.
È così, non stiamo a menarla tanto con digressioni filosofiche. Se non si può viverla in prima persona, la scintillante vita del mondo dello spettacolo gratifica anche sbirciarla da dietro uno schermo. Ecco, Entourage è una specie di Boris un po’ meno dissacrante e verbalmente ripulito (infatti non è a quel livello di perfezione lì e si ferma un gradino prima).
In più, c’è da dire che con l’infinito numero di ospiti che interpretano se stessi (Jessica Alba, David Schwimmer, Zach Efron, Gus Van Sant, Aaron Sorkin, Amanda Peet, Scarlett Johasson ecc.), l’effetto verità è assicurato.
MA A CHE PUNTO STIAMO?
Eh, siamo all’ottava stagione. Io, vi dico la verità: la guardo saltuariamente, pescando puntate un po’ a caso. Non mi sembra, e sottolineo il sembra (non conoscendo la serie a memoria e poi magari metti che c’è qualche seguace che si risente), che ci siano chissà quali turning point nella trama. Mi sembra (sembra) che sostanzialmente si può entrare e uscire quando si vuole.
MA QUINDI LO DEVO GUARDARE O NO?
Sì, direi che almeno un cinque o sei puntate di possibilità gli van date. Soprattutto per quella cosa dello sbirciare dietro uno schermo che dicevo prima.
O anche perché avete quattordici anni e volete strappare le mutande a Vincent.
Fate vobis.