Life’s too short – Ricky Gervais e i nani di Marco Villa
Astenersi animebelle e paladini del politicamente corretto
Il primo requisito è sapere chi è Ricky Gervais. Se lo sapete, il titolo di questo post dovrebbe bastare a farvi schiacciare play o a farvi scappare inorriditi. Se non lo sapete, è semplice: è il creatore e interprete di The Office. Il primo, quello inglese. Lui, insieme a Stephen Merchant – un mezzo clone di Matteo Bordone che lo accompagna anche in questa nuova serie, è l’inventore del personaggio di David Brent. Il protagonista di The Office è uno dei personaggi più incisivi della serialità degli ultimi anni e ha una caratteristica difficilmente raggiungibile: David Brent sa mettere lo spettatore in un irrecuperabile stato di imbarazzo.
Seguire le sue azioni e i suoi discorsi fa sprofondare in una situazione di tale pena per lui, da finire per essere imbarazzati come se si trattasse di qualcuno che si trova in quel momento nella stanza. Fatico a spiegare quanto questa sensazione sia forte. Se conoscete la versione americana di The Office, moltiplicate per cento quello che vi faceva sentire Steve Carell e forse inizierete ad avvicinarvi.
Il secondo requisito è sapere chi è Warwick Davis. Ovvero un nano che di mestiere fa l’attore e che è stato protagonista del film Willow e uno degli Ewok del Ritorno dello Jedi, oltre che uno degli interpreti di Extras, serie scritta sempre da Gervais e Merchant
Life’s too short è una serie televisiva in forma di mockumentary, che mostra la vita di Warwick e le sue vicende quotidiane. Vista la firma di Merchant e Gervais, tutto può accadere tranne che essere davanti a qualcosa di positivo e buonista. Al contrario, Warwick è una sorta di David Brent in versione nano. Ovvero: non solo fa la figura del totale inetto, ma è pure alto poco più di un metro. E la serie sta tutta qui: mettiamo in ridicolo il nano.
Il motore della serie, infatti, è Warwick che continua a dire in camera che lui ha avuto successo in quanto attore e non in quanto nano, che lui è in grado di compiere le stesse azioni di chi ha una settantina di cm in più sulle spalle, che gestisce un’agenzia di nani per il cinema e che i suoi assistiti vengono scelti per il talento e non per l’altezza e via così. Parole che vengono clamorosamente smentite dai fatti e dalle azioni: in quanto nano, Warwick è diverso e per – per Gervais e Merchant – in quanto nano stupido, il suo personaggio fa ridere.
Ed è vero, è verissimo, perché Life’s too short è divertente. È ovviamente una serie cattiva e cinica e quello proposto non è un umorismo leggero, ma l’imbarazzo che si prova fa ridere. Chiaro, per farlo dovete eliminare del tutto un pensiero in stile “Ma dai, poverino”, ma è uno dei requisiti di ogni lavoro di Gervais, uno che riesce a fare battute anche su AIDS e cancro.
Non è un caso che l’abbiano cacciato a pedate dal palco dei Golden Globe a inizio anno perché troppo scorretto, ma non è un caso nemmeno che vada tranquillamente in onda su BBC, perché i suoi lavori funzionano. E Life’s too short ha l’aria di poter essere la serie cult di quest’anno, perché oltre all’idea di fondo del nano, c’è anche una parata di special guest star di altissimo livello. Nel primo episodio c’è Liam Neeson, che va dallo stesso Gervais per chiedergli di reinventarlo come stand up comedian, con pessimi risultati e una lunghissima scena in cui si gioca – appunto – sull’AIDS. Nella seconda puntata, invece, ci sarà Johnny Depp e nelle foto promozionale si scorge anche Elena Bonham Carter.
Insomma, i motivi di interesse sono tanti. E’ una cosa di Ricky Gervais. Regolatevi.
Per farvi un’idea, ecco una breve presentazione della serie:
Previsioni sul futuro: imbarazzo, imbarazzo, imbarazzo. E cattiveria.
Perché seguirlo: perché Life’s too short sarà una serie in cui non si fanno prigionieri e nessun tema è troppo forte per non essere preso per il culo
Perché mollarlo: perché la comicità cattiva non fa per voi e non siete disposti a cancellare quella parte che vi farebbe dire “Ma dai, poverino”