Greek – Con il finale alternativo si torna a Cyprus Rhodes di Vale Marla Morganti
Greek un anno dopo, ma anche come sarebbe potuto essere un anno prima.
Non si sapeva quanto sarebbe durato. O meglio, non si sapeva se la terza stagione sarebbe stata l’ultima. Così per l’ultima puntata vennero girati due finali: uno per la stagione, uno per l’intera serie. Poi Greek è stato rinnovato per una quarta e ultima annata e così il finale di serie è stato accantonato. Fino a oggi. Nel video qui sotto vedete come sarebbe andata a finire se, con i protagonisti che tornano a Cyprus Rhodes per la laurea di Rusty. Più sotto, Valentina Morganti torna sul luogo del delitto con un pezzo strappalacrime su Greek.
Back to college, Back to greek.
di Valentina Morganti
Greek era una serie dal 6 al 7. una serie che non puoi definire mediocre, perché i suoi spunti li aveva. Carini i riferimenti ad altre serie, a film, a fatti/personaggi/gossip dell’attualità, a volte la sceneggiatura rasentava addirittura il brillante. Personaggi niente male, caratterizzati in modo più che dignitoso e che hanno anche una loro evoluzione tra le varie stagioni. Detto ciò gli episodi scorrevano un po’ così, non c’erano mai punte di tensione, era la classica serie dove sapevi che tutto sarebbe andato bene, l’unica indecisione poteva essere tra la mora o la bruna, l’avvocato o il neo hippy, Kappa Tau o Omega Chi, law school o parrucchiera. C’erano delle scelte, dei drammoni, le liti tra “sorelle”, le amicizie del campeggio dissolte per una ragazza, ma sapevi che alla fine sarebbero andati poi tutti da Dobler’s a farsi chi una birra, chi uno shottino, chi un liquore scaduto, chi una vodka lemon, chi un contest tra confraternite, chi una rissetta (ma col sorriso sulle labbra).
Niente drammi esistenziali né storie di vita vissuta e buttata come in Skins, niente hype glam e drammi famigliari di Gossip Girl e The O.C., poco interesse per le braccia tornite e gli addominali sempre tartarugati di un personaggio a caso di One Tree Hill. Per quotare il Villa, cosa di più ci si può aspettare da ABC family?
Greek era un (post)teen drama, ambientato in un’università inesistente, di un paese inesistente, nell’esistente e freddo Ohio (anche se – beh – non so quanti conoscano l’Ohio). Comunque, ignoranze geografiche a parte, è per dire che anche la location in sé era sul mediocre. Qualche casetta in stile coloniale, più o meno decrepita, sede delle varie confraternite, abitate da innumerevoli donzelle e cavalieri che passavano le giornate non tanto sui banchi delle aule, quanto a pettinarsi, bere caffè nei baretti del campus, sfidarsi, mettersi insieme, lasciarsi, mettersi con uno di una confraternita per poter avere informazioni per fare un articolo di denuncia contro le confraternite, rubare le mascotte degli altri college, partecipare alle annuali e attesissime: settimana della matricola, sfida tra le confraternite, settimana delle famiglie, settimana delle confraternite, spring break, festa di fine anno, consegna dei diplomi.
Era una di quelle serie che non hai l’ansia di vedere la puntata appena esce, anche perché anche quelli di Itasa ce ne mettevano a fare i sottotitoli, facendola rientrare nella classifica “serie minori”. Quindi aspettavi i sottotitoli e la usavi come tappabuchi quando negli USA avevano il Superbowl, o gli Oscar, o il Ringraziamento, o le elezioni, o gli scioperi degli sceneggiatori. E così te la sei tirata avanti fino alla quarta, e ultima, stagione. Perché non potevi non sapere chi avrebbe scelto Casey, non potevi non sapere se Evan avrebbe ceduto al richiamo del dio denaro e sarebbe tornato dal papi, ma soprattutto come non potevi non voler sapere il vero nome di Cappie (spettacolo il nome, pessimo il modo in cui buttano via così la sua scoperta).
Arrivi alla fine. Poi io che odio gli addii. Io che mi sono sempre maledetta per non essere nata negli USA, che volevo fare il college, andare a mille miglia dalla mia famiglia, fare le feste, entrare in una sorority, lanciare il cappello, tenere un discorso che finisce con “Good luck class of 2008”, farmi anche tutta la squadra di football, o anche solo il quarterback, tornare a casa per il Ringraziamento, fare lo spring break, diventare un superavvocato nonostante fossi una biondina col chiwawa e l’armadio tono su tono dal rosa confetto al fucsia fluo… e altri sogni di gloria.
Arrivi a scoprire che la puntata 10 della quarta stagione è il Series Finale giusto perché i sottotitolatori hanno fatto un post con i fuochi d’artificio e la scritta fluorescente “evviva è l’ultima”. Però poi ti ritrovi a piangere come una bambina davanti a Bambi per metà puntata perché capisci che Greek sta finendo veramente. Che hai mandato avanti tante di quelle puntate alla velocità x due (tanto c’erano i sottotioli) e ora tiri su col naso perché non hai la forza morale di mettere in pausa e soffiarti il naso. Hai quasi l’affanno perché sai come andrà a finire, ma vorresti sapere cosa faranno dopo. Vorresti sapere che nonostante le scelte che hanno preso saranno sempre tutti felici. Perché finché stavano in Greek avevi l’inconscia consapevolezza che sarebbe stato così. Ma ora che il sipario è calato su quelle quattro casette coloniali, ognuno è lasciato al suo destino. Che ne sarà del nerd, della scialacquatrice, della bistrattata figlia del senatore, dell’ex-ricco Evan, della coppia che scoppia e si riaccoppia, delle Zeta Beta, dei Kappa Tau, degli Omega Chi? Diciamo che la soluzione la danno loro, perché il mantra che ripete chiunque nelle ultime puntate è che bisogna crescere, bisogna prendere degli impegni, che il college è bello ma finisce, che non si può passare la vita a bere e divertirsi (ABC Family rules!).
Ora che le lacrime si sono asciugate e mi sono lievemente tranquillizzata, ho preso la mia decisione. Seguirò il percorso di catarsi che è stata per me questa serie. Quindi prendo la sua lezione morale. Scelgo di essere rimandata, perché come ho ammesso non ho seguito la serie in modo onesto, sono stata spesso frettolosa e sono certa di avere lacune. Riparto dal Pilot “Rusty…il selvaggio”, prometto di essere più attenta e ricettiva, chissà che se mi rifaccio il college sarò pronta a lasciarlo.