Fresh Meat – Fratelli e sorelle maggiori di Skins di Marco Villa
Carne fresca, corpi giovani, universitari ormonali
Parecchio che non si parla di inglesate su Serial Minds, ma non vi preoccupate: ci sarà tempo e modo di rimediare. Tra poco i pilot americani finiranno, io mi ritroverò a corto di argomenti e mi butterò sugli amici britannici, che tante soddisfazioni ci hanno dato in passato. In passato, ma non oggi, ché oggi si parla di un telefilm utile come un giubbottino Essenza dopo il 1999.
Fresh Meat è l’ultimo arrivato della famiglia delle serie inglesi che parlano di giovani che bevono e si riproducono. Rispetto al progenitore e ispiratore Skins, cambia l’età: non più quindicenni, ma universitari. Nel dettaglio, i protagonisti sono sei e dividono un appartamento non certo di lusso nei pressi dell’università di Manchester.
Punto a favore: le serie sugli universitari non sono poi tante, se si escludono quelle sugli specializzandi di medicina. Questa caratterizzazione, quindi, rende Fresh Meat diversa da tutte quelle serie che raccontano le vite di personaggi con pochi anni in più di questi, ma con carriere lavorative già più o meno avviate o in cui l’università non è l’occupazione principale, ma solo una sorta di stato mentale. Qui, invece, i personaggi sono raccontati principalmente come fuorisede che condividono un appartamento con degli sconosciuti.
Ovviamente i personaggi sono tagliati un po’ con l’accetta, dico ovviamente perché questo è quello che è sempre emerso dalle prime puntate di serie inglesi di questo tipo. Quelle buone, poi, vanno a scavare, le altri si limitano a giocare con gli stereotipi. La sensazione è che Fresh Meat prenderà la seconda strada, perché di suo sembra essere un grande stereotipo.
Se in Skins ci si gioca tanto (soprattutto nelle ultime tre stagioni) sul mostrare adolescenti all’estremo in quanto a sesso e alcool, è evidente che la cosa non funziona se si alza l’età dei personaggi: non sono più ragazzini, una caratterizzazione simile non ha più un impatto dirompente. Si decide allora di far compiere ai personaggi una sorta di slittamento: a guidarli non è più il “beviamo beviamo scopiamo scopiamo”, ma il “compiaciamoci di quanto siamo giovani e indipendenti e quindi, grazie a questa nostra condizione unica che non ci capiterà mai più nella vita, se non ora quando, vorrei vivere in un film di Wes Anderson, beviamo beviamo scopiamo scopiamo”. Ovvero: l’approdo finale è sempre lo stesso, ma prendiamola più alla larga.
Così si mostrano personaggi che hanno tutti le loro paranoie e le loro fisime, che si parlano addosso in maniera indecente e sembrano quasi dover trovare motivazioni particolari per giustificare quello che i loro fratelli minori stanno facendo in altre serie con molta più spensieratezza. Anche per questo motivo, per questa volontà di mettere una sorta di “Stop! Rallenta” tra il pensare e il fare, Fresh Meat è forse la serie (più o meno) teen inglese che assomiglia maggiormente ai prodotti americani. Di fortemente british ci sono solo il personaggio inquietante del folle e quello insopportabile del fighetto, entrambi troppo oltre ed esagerati per trovare posto in un telefilm americano. Collocazione in cui sarebbero invece perfetti quelli che di fatto sono i veri protagonisti, ovvero il fiulet dalla bella faccia pulita e la biondina dalla bella faccia pulita, che si parlano da una stanza all’altra grazie a un buco in una parete e già lasciano presagire romanticherie in stile Ted Mosby. Poi, certo, si torna in Inghilterra quando chiamano quel foro glory hole.
Riassumiamo? Idea e caratterizzazione interessanti e tutto sommato nuove, realizzazione e tono da bocciare.
Previsioni sul futuro: un po’ di pippe mentali, accoppiamenti vari e puntate tagliate via con la motosega
Perché seguirlo: perché sugli universitari sono state fatte davvero poche cose, quindi di sicuro non sa di stravisto
Perché mollarlo: perché il tema è l’unica cosa davvero interessante. Oltre alla biondina (Kimberley Nixon), che insomma, oh.