Last man standing – Il ritorno di Tim Allen di Andrea Palla
Un uomo solo contro un esercito di donne!
Verrebbe da dire: rieccolo. Tim Allen, uno che se siete cresciuti negli anni ’90 non potete non conoscere e se siete cresciuti subito dopo non potete conoscere, riapproda in tv con una sitcom da protagonista, riaccendendo un pizzico di nostalgia del passato. Piccolo riassuntino, per quelli poco ferrati sui nomi di persona: Tim Allen era quello della saga Disney Santa Clause, nonchè mattatore assoluto della vecchia serie Home improvement (in Italia impunemente ribattezzata Quell’uragano di papà), vivace riempitivo delle assolate mattinate domenicali della mia (nostra) infanzia, quando con un moto di ribellione prepuberale ci si imponeva di non andare più a messa, ma purtroppo non c’erano ancora i pc a riempire il tempo rimasto libero.
Rieccolo, dicevamo, perché bisogna ammettere che la sua carriera non si è mai veramente fermata, ma ha vissuto un costante semi-splendore solo oltreoceano, dove Allen si è barcamenato tra tv, spettacoli teatrali, e doppiaggi importanti (Toy Story), senza dimenticare che è pure riuscito a farsi processare per detenzione di droga. Ma vabbè, da queste parti lo avevamo un po’ perso per strada, e devo dire che la cosa mi è dispiaciuta un pochino perchè Allen riusciva, proprio con Quell’uragano di papà, a sfoderare una comicità esplosiva che gli ha permesso di portare avanti con brillantezza quella sitcom per ben 8 anni, dal 1991 al 1999, rendendola una delle comedy USA di maggior successo.
In fin dei conti non importa poi troppo che voi l’abbiate vista o meno, anche se è vero che non si può parlare di questa nuova Last man standing (ovvero: “l’ultimo uomo rimasto”) senza fare necessari paragoni con la serie che l’ha preceduta, e da cui questa eredita molti aspetti, pur adattandoli al cambiamento dei tempi e in un certo senso ribaltandone i punti di forza. Per capire cosa intendo, vale la pena parlare della trama. In Last man standing Allen interpreta Mike, un padre di famiglia alle prese con una moglie in carriera e tre figlie adolescenti, ognuna con i propri drammi femminili e distanti da quell’ideale maschilismo di cui il padre è fiero portavoce. Accanto al microcosmo casalingo tutto femminile, esiste però un luogo esclusivamente maschile: è il suo posto di lavoro, un emporio di oggettistica sportiva per l’uomo selvaggio (dalle balestre alle canne da pesca), dove Mike interagirà con un datore di lavoro profondamente insicuro e con il futuro genero Kyle, portavoce di ideali romantici e lontano dai modi di fare rudi che caratterizzano Mike. Ultimo tassello: il vlog che Mike tiene sul sito dell’emporio e in cui riversa le frustrazioni causate dal mondo femminile dal quale è circondato.
Dicevamo che esiste una vicinanza tra Quell’uragano e Last man standing, e infatti ci troviamo nuovamente di fronte a un nucleo familiare composto da 3 figli (là erano tre maschi da educare secondo rigore affinchè diventassero veri uomini, qua sono tre femmine da sopportare e da capire nella loro complicata giovinezza), e nuovamente ritroviamo in Allen un personaggio fiero della propria rozza semplicità e portavoce dei più stereotipati ideali maschili, ovvero: primeggiare, saper fare lavori da uomo, evitare di porsi troppe domande. Ma se nella vecchia sitcom questo aspetto era il fulcro stesso della storia – essendo Allen il presentatore di una serie televisiva che parlava di bricolage – Last man standing è più che altro incentrato sulle divertenti situazioni di incomprensione tra realtà maschile e realtà femminile, oltre che sui brillanti monologhi di Mike di fronte alla webcam, decisamente taglienti e misogini.
Questa dualità solleva Last man standing dal rischio di essere una sitcom banale, pur essendo basata su un impianto fortemente classico, con le solite location predefinite e le risate registrate di sottofondo. Ma vale la pena di dire che Tim Allen, pur essendo mattatore e ingombrante presenza dello show, questa volta non oscura i comprimari, ma ne diventa piuttosto antagonista in inferiorità numerica, dovendo spesso soccomobere all’intelligenza e alla bravura dei soggetti femminili che lo circondano. La piacevole sorpresa è che non esistono personaggi sbagliati in Last man standing: tutti gli interpreti sembrano essersi perfettamente cuciti addosso il ruolo che devono interpretare, riuscendo a risultare convincenti e ironici in ogni situazione. E a proposito di Kyle, il ragazzo che Mike impone alla figlia maggiore (complicata madre single) pur sancendone l’obbligatoria distanza: verso di lui sono rivolte spesso le angherie di Allen, incapace di rendere questa sorta di figlio adottivo un vero uomo, e dovendone accettare il carattere non certo da macho che fanno presto cadere ogni speranza di rivincita su quel mondo femminile che Mike faticosamente combatte.
Ultima speranza sembra essere il nipotino unenne, inconsapevole spettatore delle vicende familiari, caricato suo malgrado della responsabilità di diventare un giorno il nuovo padrone di casa. Mike cerca come può di addestrarlo alla battaglia, plasmandolo a propria immagine e somiglianza, con risultati naturalmente scarsi: l’età del piccolo lo rende infatti nulla più che una sorta di confidente muto dei deliri machisti del protagonista.
Last man standing può funzionare? Ha un futuro nel mondo delle serie comiche? Difficile prevederlo, soprattutto perchè si tratta di un settore profondamente saturo. Le prime due puntate scorrono via con leggerezza, ma anche con esilaranti spunti di discussione, puntando non tanto sull’efficacia di battute spesso già sentite, quanto sulla modalità di interazione in scena e sulla caratterizzazione dei personaggi in gioco.
Se Last man standing riuscirà a mantenere fede a questi principi, certamente troverà un proprio percorso e potrà ritagliarsi uno spazio. Forse non diventerà cult, ma certamente potrà dire la sua e tener testa alla fitta concorrenza di settore. Gli ascolti, per ora, le danno ragione.
Previsioni sul futuro: si genereranno tutta una serie di situazioni che contrapporranno risolutezza maschile ad arguzia femminile.
Perché seguirla: perché la lotta tra maschi e femmine è l’insindacabile fulcro dell’esistenza, e vederla riproposta con questa ironia è sicuramente divertente.
Perché mollarla: perché è una sitcom ad impianto abbastanza classico, che presenta molti spunti poco originali.