Serie tv e doppelganger di Diego Castelli
Che belli i personaggi doppi, ma occhio alle insidie!
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QUALCHE SPOILERINO QUA E LA’, SE SIETE INDIETRO CON FRINGE O TRUE BLOOD. MA COME, SIETE INDIETRO CON FRINGE E TRUE BLOOD?!
Pochi giorni fa, una mia amica ha illuminato la mente dei presenti con la seguente considerazione: “Certo che al giorno d’oggi dove vai senza un doppelganger…?”
In realtà non credo che la frase fosse proprio questa, ma il livello di criptico misticismo era più o meno lo stesso. Poche parole per svelare una grande verità: sarà la crisi economica e la necessità di risparmiare sugli attori, sarà l’elevato tasso di prodotti soprannaturali o fantascientifici, sarà che non avevo idea di cosa scrivere oggi, fatto sta che è sempre più pressante la necessità, per un attore/attrice di telefilm, di saper interpretare anche un doppio malvagio (o figo, o idiota, o polacco) del proprio personaggio principale.
La figura del doppelganger (e vai di definizione wikipedia) non è certo cosa nuova, anzi. La letteratura, il cinema e la tv sono pieni di repliche quasi perfette di questo o quel personaggio, create con gli scopi più diversi, a seconda del genere. Si può ridere degli equivoci causati da un sosia, oppure si può vedere il doppio come una minaccia, o ancora come un’opportunità per ricavarne un qualche profitto. Ancora oggi si citano i “gemelli malvagi” che comparivano qui e là nelle prime soap operas e telenovelas, a far capire che no, la povera e dolce Consuelo non poteva aver compiuto simili bassezze, era stata semplicemente sostituita dalla sorella cattiva, Dolores. E le casalinghe tiravano un bel sospirone.
I doppelganger popolano in vario modo la storia della narrazione per il semplice motivo che portano con sè valenze simboliche e cariche emotive assai diverse, coesistenti eppure contrastanti: chi ha un doppelganger è curioso di vederlo, toccarlo, parlarci, per scoprire sè stesso dal di fuori. Ma allo stesso tempo è sottilmente inquietato dal vedere un “altro sè”, esterno al proprio corpo, e non può fare a meno di temere un possibile rimpiazzamento, che vanifichi una delle verità più solide e a suo modo rassicuranti della nostra umanità: il fatto che ognuno di noi è unico. E’ da queste curiosità e inquietudini che nascono tanto le commedie più leggere quanto le apocalittiche storie di fantascienza.
Di recente, il mondo delle serie tv sembra particolarmente interessato ai doppelganger. Tre sono gli esempi che saltano agli occhi in questi ultimi tempi, il primo in Vampire Diaries, gli altri due in Fringe.
E qui apro una parentesi: non conoscevo la parola doppelganger (termine inglese di origine tedesca) finché non ho visto Vampire Diaries, dove per tutta la seconda stagione il previously prima di ogni episodio era una specie di remix continuo della parola incriminata. Da allora mi sembra di sentirla praticamente in ogni telefilm che guardo… Chiusa parentesi.
Tra i vampiri di Mystic Falls, il concetto di doppelganger è di vitale importanza: la protagonista Elena è appunto la doppelganger (in questo caso una sorta di doppio spirituale) di Katherine, non-morta fascinosa e affamata di potere. Tutto il telefilm gira intorno al fatto che ci siano ste due tizie con la stessa faccia, che solleticano gli ormoni dei fratelli Salvatore e le mire soprannaturali di Klaus. Il risultato, nel mondo reale, è che Nina Dobrev s’è dovuta sdoppiare, interpretando due fanciulle di indole assai diversa. Ne avrà guadagnato il suo portafogli, ne avrà perso la sua vita sociale (c’era un periodo in cui era praticamente in ogni scena), sicuramente ci ha fatto curriculum, visto che fare due personaggi in una storia sola è una di quelle cose che piacciono un sacco ai critici. Certo, c’erano comunque dei limiti evidenti, motivo per cui s’è deciso di lisciare i capelli di Elena e arricciare quelli di Katherine. A prova di imbecille, diciamo…
In Fringe le cose vanno diversamente. Qui c’è un intero universo parallelo popolato da doppelganger, anche se la nostra attenzione finisce per fissarsi su due coppie di personaggi: Olivia / Bolivia e Walter / Walternate.
Anche qui ci sono cambiamenti somatici evidenti, dai capelli delle due Olivia – biondi o rossi – all’abbigliamento dei due Walter. Ma in aggiunta c’è un livello attoriale che Nina Dobrev, con tutto il rispetto, se lo sogna. Attraverso i doppioni, Anna Torv e John Noble mettono in scena la loro notevole bravura. Fin dal primo episodio, la Torv è così convincente nei panni di Olivia, da farci pensare che sia così anche nella vita reale: forte, determinata, irrimediabilmente malinconica. (E se in realtà è un mignottone non voglio saperlo, non ditemelo!) Con B-Olivia, invece, tira fuori una personalità frizzante, sarcastica, ugualmente tosta ma anche molto più femminile, nell’accezione sensuale del termine. E potremmo sottolineare che la bella Anna ha fatto anche “Olivia posseduta da William Bell”, un tripleganger (si potrà dire?) che avrebbe meritato maggiore considerazione in termini di statuette, globi dorati e compagnia bella.
Accanto a lei abbiamo John Noble, uno che sapevamo essere attore in gamba e dalla lunga carriera (molti se lo ricorderanno per la saga de Il Signore degli Anelli), ma che dà vita a un Walter Bishop così preciso, dettagliato e convincente, da farci dimenticare che non si tratta veramente di uno scienziato geniale e un po’ picchiatello. A confermare il suo talento è arrivato Walternate, la versione sana di mente (oddio, pià o meno…) del nostro cucciolone tenerello. Anche qui bravura da vendere, nella creazione di un personaggio sostanzialmente opposto a quello principale. Tanti complimenti e nessun premio, e chissà perché…
Qualcuno di voi potrebbe rammaricarsi del fatto che non abbiamo potuto vedere il doppio di Peter. Il motivo non riguarda tanto la dipartita dell'”Alternate Peter”, né carenze attoriali di Joshua Jackson. Il fatto è che il doppelganger del giovane Bishop è Pacey Witter. Nemmeno JJ Abrams è ancora riuscito a trovare un modo per infilarlo in Fringe…
Questi sono gli esempi più eclatanti e recenti. Anche se ovviamente se ne potrebbero trovare molti altri nel passato. Talvolta, il concetto del doppelganger è stato maggiormente diluito, sfumato, diventando un dettaglio all’interno di una struttura più grande, in cui funge da leva per il divertimento. Come spiegare altrimenti le mille identità che Barney Stinson si cuce addosso per attirare le ragazze? E pensiamo anche al fatto che in How I Met Your Mother i doppelganger hanno avuto un ruolo specifico: scovarli tra la gente di New York era uno dei giochi preferiti di Ted e compagni, e la scoperta dell’ultimo doppelganger (quello di Barney, appunto), doveva coincidere con la decisione di Lily e Marshal di fare un figlio.
Ma la stessa cosa si potrebbe dire dei repentini cambiamenti di comportamento ed espressione di Abed in Community, che non appena si immedesima in un personaggio di finzione diventa tutt’altra persona; o potremmo citare Ursula, la gemella di Phoebe in Friends, che ogni tanto spuntava fuori per mostrare fredda cattiveria e crudo menefreghismo dove la sorella metteva passione idealista e sincero affetto.
E pensandoci così, in libertà, mi viene in mente anche il fratello di Sam in True Blood, che era un mutaforma e in quanto tale finiva col trasformarsi nel congiunto: ecco dunque che l’attore Sam Trammell doveva interpretare entrambi i Merlotte, modificando il proprio modo di camminare e di parlare.
Certo, c’è poi il rovescio della medaglia. Se i doppelganger creano possibilità narrative, stimolano gli attori, e danno uno stipendio ai maghi degli effetti speciali, allo stesso tempo bisogna saperli gestire, altrimenti rischiano di mandare tutto in vacca.
E’ successo a Christian Slater con il doppio sé stesso in My Own Worst Enemy (serie non orrida, ma forse troppo complicata), ma l’esempio più recente lo conosciamo tutti, ve ne ho parlato io stesso pochi giorni fa: con Ringer, Sarah Michelle Gellar ha puntato su due gemelle in una volta sola, forse per compensare il fatto che non andava in tv da molto tempo. Risultato: una mezza ciofeca. La Gellar non riesce a differenziare abbastanza i due personaggi, e in verità fatica a farne decentemente anche uno solo. Diciamo che coi vampiri le andava meglio che coi sosia.
Insomma, giovani sceneggiatori in erba, la moderna serialità sembra apprezzare molto i doppelganger. Ma da un grande potere derivano grandi responsabilità: scrivete con oculatezza i vostri dialoghi, sviluppate con precisione le vostre psicologie.
E pregate, pregate con forza che per i vostri personaggi non scelgano una cagna maledetta…