The Borgias – Il telefilm sul Vaticano hardcore di Marco Villa
Una nuova serie del prolifico genere delle tette in costume
The Borgias è in onda su Showtime dal 3 aprile e appartiene al genere di The Tudors, ovvero non quello delle serie storiche, ma quello delle tette in costume. Dopo 4 minuti di pilot (sigla lunga compresa), c’è la prima scena di sesso. Le nudità non tarderanno. Si tratta ormai di un vero e proprio filone, che guarda al passato (a volte anche remoto, si pensi a Rome) per rivisitarlo all’insegna della lussuria e delle complicate macchinazioni politiche. In questo caso, l’elemento sesso è ulteriormente pompato dalla presenza dell’elemento Chiesa. Ecco allora che, sullo sfondo insieme alle comparse, si possono scorgere gli autori che fanno dei saltoni urlando “Preti! Scopano! Incesto!” e si danno delle gran mazzate a vicenda come gesto di festeggiamento tribale e arcaico.
Ma cos’è The Borgias? In due parole: intrighi vaticani all’epoca in cui la Chiesa era governata dal negativo fotografico della famiglia del Mulino Bianco. Si parla di cardinali che avvelenano rivali, vescovi e prelati che figliano con regolarità conigliesca, corruzioni nel conclave e – previsione facile per il prosieguo – regazzetti molestati.
Ora, è evidente che argomenti di questo tipo scatenano un interesse morboso. Almeno in me, che, come confessato in passato, esulto come un bimbo non appena sento un prete che dice le parolacce.
Resta però il fatto che, oltre a questo contesto e a una Roma tardo quattrocentesca ricreata con Paint, bisogna imbastire delle storie valide. E queste storie al momento latitano: nel pilot tutto è telefonato e accompagnato da spiegoni che fanno accapponare la pelle.
Robe del tipo:
– Fratello, ma cosa sta succedendo nel conclave?
– Amore mio, non sono cose che dovresti sapere
– Ma no fratello, spiegami.
– Va bene sorella, ma prima aspetta che ti chiamo ancora amore mio, così insinuiamo in chi ci guarda la consapevolezza che prima o poi giaceremo insieme. Allora, nel conclave succede che (tira fuori una lavagna e inizia a scrivere schemi).
In questa situazione in cui tutto è iperesplicito, una parola particolare la merita il personaggio del pontefice Rodrigo Borgia, interpretato da un Jeremy Irons che oscilla costantemente tra lo scazzo più completo e il gigioneggiare esasperato, mascherati entrambi da recitazione minimale. Il Borgia padre, presentatoci fin da subito come un principe del male, capace di controllare tutto e tutti, si staglia infatti come una delle figure più interessanti. Eletto al soglio pontificio grazie a intrighi e corruzioni, una volta raggiunto l’obiettivo della vita sembra cambiare. Pur continuando a tramare e ordire, dà l’impressione di essere in parte travolto dal ruolo che si trova a ricoprire, come se d’improvviso sentisse dentro di sé qualcosa di simile a una missione da compiere. Lo scontro tra la mentalità da mafioso in tonaca e la scoperta di una dimensione mistica (detta anche delirio di onnipotenza) potrebbe essere una delle cose più interessanti della serie. Gli altri personaggi, infatti, sembrano un po’ tagliati con l’accetta, all’insegna del “siamo tutti cattivi e voltagabbana, guai a fidarvi di noi!”.
Previsioni sul futuro: di intrigo in intrigo, di letto in letto, di incesto in incesto, di tette in costume in tette in costume.
Perché seguirlo: perché il contesto storico è affascinante e parla di preti che figliano e fratelli incestuosi. Mica di trentenni al bar.
Perché mollarlo: perché difficilmente riserverà sorprese. Tutto scorre liscio lungo binari oliati, ma quei binari sappiamo già dove portano.