Spartacus: Gods of the Arena di Vale'n'Tina
Figoni in mutande che sciabolano altri figoni in mutande
Di questi tempi – come sappiamo – lo sfruttamento del gentil sesso è tema di inesauribili discussioni; la donna, questa sconosciuta… come averci a che fare in modo corretto? Bah.
Se la tratti con cameratismo si sente oltraggiata nella sua femminea natura, si sente trattata da uomo. D’altronde nemmeno abusare della cavalleria si è mai dimostrata essere una buona opzione… mi starai mica dando della mammoletta?
Nel ginepraio delle pari opportunità, riuscire a fare la mossa giusta evitando l’inviperimento della femmina è roba da Yoda dei rapporti interpersonali.
Immaginate quindi la mia reazione quando i vertici di Serial Minds, dopo Drop Dead Diva, hanno deciso di emanciparmi dalle serie pink affidandomi il commento di Spartacus: Gods of the Arena.
Ovvero: figoni in mutande che sciabolano altri figoni in mutande. Roba di sostanza, insomma.
Nonostante il secondo smaccato tentativo di ridurmi a stereotipo culturale (sei bionda, quindi ti diamo cose facili da gestire), non voglio venir meno alla mia etica professionale. Mi piace pensare di essere una persona seria.
Dunque, Spartacus: Gods of the Arena è il prequel in sei episodi di Spartacus: Blood and Sand, altro telefilm americano che racconta le gesta di Spartaco, il noto gladiatore. Quello che nel 73 a. C. si era rotto le palle di dover obbedire ai romani e aveva organizzato una rivolta da paura.
Blood and Sand conta 13 episodi, girati interamente in Nuova Zelanda. L’anno passato se ne parlò abbondantemente, anche perché il protagonista –Andy Whitfield – scoprì di essere malato di tumore. Dopo aver aspettato per capire i tempi di recupero, la produzione ha recentemente deciso di ingaggiare un nuovo interprete (Liam McIntyre) per la seconda stagione.
Nel frattempo però, per il principio del “non si butta via niente”, si è deciso di sfruttare i set già esistenti e di pagare qualche straordinario a troupe e cast per girare i sei episodi di cui trattiamo oggi.
Il protagonista qui non è più Spartaco, ma Gannicus (alias Dustin Clare), primo gladiatore a vincere il torneo di Capua (che non ho idea di cosa sia, ma suona come una cosa fichissima).
Il design visivo della miniserie è scopiazzato senza vergogna da 300: computer grafica a fiumi, crani spaccati, sangue un po’ dappertutto. Copiose anche le scene d’ammore che richiederebbero un bel vietato ai minori.
Di notevole pregio i contenuti, qui si parla di battute ad alto tasso filosofico:
<< dei romani me ne fotto… ammazziamoli tutti!>>
<< devo spendere cinquanta denari per uno spaccapietre del cazzo?>>
<<entro un minuto ti voglio nuda nel mio giaciglio>>
Ironia a parte, vi dirò, personalmente amo molto il concept “gente che si mena di santa ragione”, quindi il mio giudizio negativo su Spartacus non è figlio dell’avversione agli squartamenti.
Il problema è che, alla fine dei conti, c’è solo questo. Allora, fintantoché di film si tratta, come nel caso di 300, ti godi quell’oretta e mezza e ne esci perfino galvanizzato. Ma sei episodi più una serie… francamente supera il livello di sopportazione.
Previsioni sul futuro: tornerà in auge la professione di gladiatore. Frotte di gggiovani e possenti mutandati si metteranno in viaggio verso Roma per tentare di entrare alla prestigiosa “Scuola di mazzate” del Colosseo. Seguiranno sommosse e manifestazioni di CIGL, CISL e UIL causa rifiuto del governo di stabilire fondi pensionistici per i suddetti gladiatori.
Perché seguirlo: mah… forse perchè siete omosessuali latenti e non avete il coraggio di confessarvelo.
Perché mollarlo: lo mollate se avete una soglia di pazienza tarata secondo gli umani parametri; sotto la mezz’ora, si può tollerare tutto, fosse anche solo per curiosità.
Poi vi ricordate che il mondo è pieno di bellezza, e dare 50 minuti della vostra vita così, è un po’ uno spreco.
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