Blue Bloods di Diego Castelli
Tom Selleck torna a fare centro!
Cazzarola, stavamo dimenticando Tom Selleck!
Nella girandola di pilot di queste settimane, non abbiamo ancora parlato di Blue Bloods, nuova serie di CBS con il baffone più famoso del piccolo schermo.
Tolgo subito un dubbio, e lo faccio con soddisfazione: Blue Bloods è bello. Forse molto bello.
Il che mi fa particolarmente piacere perché Selleck, dopo aver dato corpo a un mito come Magnum P.I., non era più riuscito a dare il meglio di sè in televisione, escludendo la memorabile partecipazione a Friends (10 episodi che sembrano 50, per tanto carisma che ci ha messo).
Non vi sto dicendo che Blue Bloods farà la storia, ma finalmente vediamo lo zio Tom impegnato seriamente in un progetto di qualità, e mi fa piacere per lui.
Come se lo conoscessi, magari è un bastardo che picchia i nipoti…
Tantissima la carne al fuoco. Protagonisti sono i Reagan, una famiglia tutta votata al protect and serve (il “sangue blu” del titolo è riferito alle uniformi della polizia). Abbiamo il nonno claudicante, ovviamente ex poliziotto (Len Cariou); il padre commissario (Tom Selleck); il figlio detective (Donnie Wahlberg); la figlia avvocato (Bridget Moynahan); il figlio più giovane laureato in giurisprudenza ma alla fine arruolatosi nella gloriosa polizia di New York (Will Estes). E c’è anche un quarto figlio, agente anche lui, morto in azione, la cui non-presenza ha ovviamente un peso specifico assai notevole.
Blue Bloods è un crime-drama: insieme ai casi che i nostri devono affrontare, troviamo una componente relazionale molto forte. I personaggi sono caratterizzati in maniera semplice ma efficace, e ognuno di essi porta sulle spalle un evidente bagaglio di esperienze, successi, errori, aspirazioni e sfighe.
Siccome di drama e polizieschi ne abbiamo visti a badilate, quello che fa la differenza è, come sempre, la scrittura e la messa in scena. Il primo caso di puntata è coinvolgente e incalzante. Rapiscono una bambina col diabete, del tipo “abbiamo 24 ore per salvarla, altrimenti tragedia”. Tutto il resto, gli intrighi politici (ebbene sì), i misteri (pure), le riflessioni etiche (anche) e le dinamiche familiari (alè!), si inseriscono in questa struttura di base con sorprendente facilità, in un ritmo scorrevolissimo. Ottima la realizzazione tecnica, con una regia tesa e mai dispersiva, e un montaggio interamente funzionale alla narrazione. Tanto fa anche l’ambientazione: una New York vibrante, con i vicoli stretti, gli scorci sul ponte di Brooklyn, il traffico, i giornalisti spaccacoglioni, le ciambelle e i tombini che fumano. Roba da vecchia scuola, ma che funziona sempre. Infine, il casting quasi perfetto: tutti bravi attori al posto giusto.
Ora non vorrei esagerare. Non siamo di fronte a un capolavoro né a una rivoluzione. Ma sapete benissimo che aspettarsi una robetta qualunque e scoprire invece un prodotto coi controcazzi, dà un piacere quasi mistico…
Previsioni sul futuro: probabilmente ci sarà un caso ogni puntata, ma le varie sotto-trame orizzontali avranno un peso ben più forte rispetto alla media delle serie investigative.
Perché guardarlo: buona storia, buona realizzazione, attori azzeccati. Mi pare abbastanza, no?
Perché mollarlo: se il poliziesco non lo sopportate a prescindere.