Louie di Marco Villa
Quando la cattiveria è stile
Avete presente Fabrizio Fontana? Quello che a Zelig faceva James Tont e altri personaggi fortissimi? Ecco, prendete lui e mettetelo come protagonista di una serie basata sulla sua vita.
Poi eliminate Fabrizio Fontana.
Mettete al suo posto uno che sappia scrivere, recitare e mettere in scena le proprie battute.
Un comico insomma.
Uno come Louis C.K., autore per molti show televisivi (David Letterman, Conan O’Brien, Chris Rock) e protagonista assoluto di questa serie, che non a caso si chiama proprio Louie.
La prima stagione si è conclusa qualche giorno fa su FX e una seconda è attesa per il prossimo anno.
Entriamo nel dettaglio e iniziamo a dire che Louie è una serie a metà.
Gli episodi sono divisi in due parti, che si aprono e si chiudono con pezzi presi dalla vita reale di Louis C. K. Passatemi il termine vita reale, ma non pensate si tratti di reality o del dietro le quinte di un personaggio famoso. Si tratta principalmente di pezzi comici presi direttamente dagli spettacoli da stand-up comedian dello stesso Louis.
L’altra metà, ovvero il cuore di ognuna delle due parti che compongono l’episodio, è formata dalla messa in scena di sketch probabilmente nati sul palco. O meglio, sketch nati nella vita reale, trasformati in materiale comico e poi realizzati come fiction. Una sorta di salto carpiato con i piedi che zampettano lungo la linea che separa realtà e finzione (con enormi possibilità di seghe mentali a riguardo, per gli amanti del genere).
Un fatto non nuovo per Louie, già impegnato qualche anno fa nella sitcom Lucky Louie per HBO.
In entrambi i titoli, il comico mette in scena esperienze e riflessioni di un uomo che ha superato la quarantina e deve far fronte a un divorzio e alle figlie che crescono.
Al di là della particolarità della struttura (non una sitcom, né uno show), sembrerebbe nulla di straordinario.
Non fosse che Louis C. K. è davvero bravo e ogni puntata riesce a colpire per la follia di un argomento (si veda nel pilot la sequenza in cui accompagna in gita la classe della figlia e scopre che il guidatore dell’autobus non ha la minima idea di dove debba andare), la presenza di battute fulminanti o la naturalezza di alcune situazioni (il cazzeggio totalmente rilassato in compagnia di amici comici che apre il secondo episodio).
E poi è cinico e cattivo, a tratti anche volgare e qualcuno direbbe di cattivo gusto.
Ma fa ridere.
Parecchio.
E a meno che non siate del MOIGE, guardate questa clip in cui c’è anche Ricky Gervais di The Office UK
Perché seguirlo: perché si è di fronte a un comico di grande talento, che ha scelto di mettere questa serie al servizio della comicità stessa, senza puntare alla metafisica o a chissà quale obiettivo che non sia far ridere in modo intelligente.
Perché mollarlo: perché ridete solo con Martufello.
I sottotitoli in italiano esistono solo per le prime quattro puntate e li trovate qui.
Per gli altri episodi, ci sono invece quelli in inglese.