Hung: un professore con… ehm… gli attributi! di Diego Castelli
Insomma, pensavo di mettermi lì a scrivervi buone cose di Hung – Ragazzo Squillo, di cui è appena iniziata la seconda stagione su HBO (in Italia andrà su SkyUno). Protagonista un professore di ginnastica che per raccattare un po’ di soldi (crisi economica, divorzio con figli adolescenti, casa bruciata) decide di diventare uno gigolò, per vendere l’unica qualità che possiede: il suo enorme ***** (gli asterischi stanno per “cazzo”, eh).
Poi però arriva il Villa, che mi fa: “a me fa cagare, ti sfido!” Non sia mai che io mi nasconda, quindi… duello!
Hung sì. Ho poco tempo, andiamo al sodo. Hung è bello perché non è quello che vi aspettate. Parlando di un insegnante superdotato che vende il proprio corpo, pensate subito a Californication, a Diario segreto di una squillo per bene e simili. Ebbene, niente di tutto ciò. Ray Drecker (Thomas Jane) vive in provincia, e pur essendo una brava persona è di fatto un poveraccio. La sua pappona, la buffissima e malvestitissima Tanya (Jane Adams), non ci capisce una fava di prostituzione, e lo aiuta solo per tirare a campare e sentirsi realizzata. Richard Gere è lontano anni luce. Qui ci sono persone inverosimilmente ordinarie, che provano a riuscire in qualcosa per non sentirsi dei falliti, che tentano di tenere insieme una famiglia, che affrontano l’ignoto per avere un tetto sulla testa. Da questo calderone escono battute divertenti, situazioni surreali, sentimenti inaspettati e un po’ di strana morale contadina. E malgrado il linguaggio assai colorito e le scene di nudo – specie dopo l’entrata in gioco di Lenore (Rebecca Cresckoff), la seconda, ben più disinvolta pappona – Hung rimane una serie sorprendentemente tenera. Teneramente sconcia, la definirei. Poche puntate, telefilm estivo senza troppe pretese. Da provare! (DC)
Hung no. In realtà non è che Hung mi faccia cagare. Tutt’altro. Anzi, concordo in pieno su tutto quello che ha scritto il mio socio. I primi episodi infatti, mi avevano lasciato pienamente soddisfatto. Il problema è nello sviluppo della vicenda, o meglio nel suo non-sviluppo. Come scrissi un annetto fa qui, Hung si blocca su un continuo avanti e indietro narrativo che finisce per non spostare di un millimetro lo stato del racconto. Il triangolo Ray-Pappona-Famiglia si aggroviglia continuamente su se stesso, tirando ora in una direzione, ora nell’altra, con l’ovvio risultato che ogni cosa resta sempre al proprio posto. Così, nella prima stagione si assiste a dieci puntate identiche, piene dei dubbi dei due e riempiti da una Anne Heche perfetta nel ruolo della ex-moglie insopportabile che rimpiange costantemente il pene del marito. Per restare in argomento, si può dire che lo sviluppo orizzontale è nullo e la mancanza di impennate verticali sottolinea impietosamente questa situazione di stasi. L’inizio della seconda stagione sembra purtroppo confermare questo andamento, con l’ennesima crisi della pappona e le perenni indecisioni del suo assistito. Urge una svolta, uno scarto netto, un’impennata. Altrimenti la serie rischia di essere come lo stesso Ray: dotata di un ingente potenziale, ma incapace di metterlo a frutto a dovere. (MV)
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Il riassunto della prima stagione