Baywatch: per non affogare, reggetevi alle tette! di Andrea Palla
Tette e culi sotto il caldo sole della california
“Facciamo un telefilm in cui si vedono tette e culi”: dev’essere stata questa la frase brillante esclamata dal guardaspiaggia Greg Bonann per convincere i produttori della NBC a realizzare quello che presto sarebbe diventato un cult mondiale: Baywatch.
Basato su un concept molto semplice – donnine poppute e uomini unti d’olio che corrono sulle affollate spiagge californiane con lo scopo di eccitare i mariti delle ciccione ipernutrite da McDonald’s e salvare dall’affogamento i nuotatori meno esperti (all’occorrenza ciccioni pure loro) – il telefilm andato in onda dal 1989 al 2003 si è ripetuto negli anni con una formula vincente, inscenando situazioni d’azione più o meno verosimili, a volte con un alto dispendio di effetti speciali ed un’eccellente messa in scena, oltre che con ettolitri di crema solare protezione 52 con concentrato anti-invecchiamento.
Protagonista assoluto il già noto David Hasselhoff, icona del macho sornione anni ’80, a cui vennero affiancate compresenze femminili di tutto rispetto che proprio grazie a Baywatch fecero un salto di qualità nella propria carriera di provocanti sexy star, pur senza smuovere di un millimetro la propria (sballonzolante) qualità recitativa. Basterebbe citare la sola Pamela Anderson, ma sarebbe un torto nei confronti delle altre giovani playmate che la sostituirono dopo la sua partenza: Carmen Electra, Geena Lee Nolin, Donna D’errico, solo per elencare quelle col seno più prosperoso e le curve più sensuali.
Il concept delle puntate fu sempre molto lineare: venivano messe in scena situazioni di pericolo presto sventate dai prodi guardaspiaggia, con l’utilizzo di tecniche reali e consolidate che diedero alla serie un grande aspetto di attinenza al vero e la resero affascinante e coinvolgente come un polpo che fa previsioni sui mondiali di calcio.
L’insistenza cromatica sul body arancione acceso, i motoscafi Scarab come puro concentrato di tecnologia aliena, i furgoncini gialli che correvano su e giù per la spiaggia tirando sotto le vecchie, e naturalmente l’immancabile salvagente rigido a tracolla che all’occorrenza fungeva anche da martello pneumatico o da tendina per la doccia, furono gli elementi che diedero un’impronta squisitamente trash a Baywatch, divenendo oggetto del desiderio al pari del silicone delle protagoniste o dei baffi posticci dell’inutile Newman (lo so che nemmeno vi ricordate chi è, ma piccola chicca: era l’unico vero guardaspiaggia in mezzo a quella massa di debosciati).
Indimenticabili poi i napoletanissimi video musicali usati come filler a centro puntata per sottolineare i momenti chiave, girati in maniera tanto surreale da far sembrare i vecchi video della MTV anni ’80 un capolavoro di cinema 3D.
Il successo cominciò a calare quando negli ultimi anni Hasselhoff stesso si dedicò alla produzione di due spinoff di scarso appeal: Baywatch nights, in cui il telefilm prese una piaga noir e poi soprannaturale, ma con tinte grottesche (una sorta di XFiles in cui il terrore proveniva dai capezzoli), e successivamente Baywatch Hawaii, dove il tentativo di spostare il set da Los Angeles alle Hawaii con un rinnovo completo del cast si rivelò più fallimentare della Fiesta alle mandorle.
A dispetto di questo finale un po’ barcollante, Baywatch è ancora oggi il telefilm più replicato al mondo, con una trasmissione in oltre 142 paesi ed una traduzione in più di 44 lingue, cosa che l’ha fatto entrare nel Guinness dei primati. Un po’ come le tette di Pamela Anderson, naturalmente. O forse grazie a quelle.
A proposito, sapevate che le tette di Pamela Anderson più il salvagente rigido possono costituire un ottimo tavolino per la merenda? Si mangia Fiesta alle mandorle, forse su ebay ne vendono ancora qualcuna annata 1987.