Star Trek: Picard – Il ritorno di un grande Capitano di Federico Guerri
Pilot Galattico tra il teatro di Shakespeare e l’America di Trump
Lucca, Teatro del Giglio, 1 Novembre 2019
“Ve lo confesso. Non era mia intenzione tornare nei panni di Jean-Luc Picard. Dopo sette stagioni e quattro film, pensavo di aver esaurito tutto ciò che c’era da dire sul personaggio” dice Sir Patrick Stewart, durante l’incontro con pubblico e stampa allo scorso Lucca Comics & Games.
Le prime tre file del Teatro del Giglio, in cui siedono una trentina di persone in divisa della Federazione, rabbrividiscono all’affermazione del Capitano.
“Poi, durante una tournée teatrale a New York”, racconta Stewart, “sono stato invitato a cena dal mio amico Akiva Goldsman (sceneggiatore e produttore di Picard). Mi faceva piacere rivederlo e chiacchierare un po’. Alla cena, del tutto a sorpresa, si è presentato anche Michael Chabon, uno dei miei scrittori preferiti. Ero onorato di conoscerlo. Quando siamo arrivati al dolce, dopo una serata piacevole parlando di letteratura e commedie, Chabon ha accennato di star pensando da un po’ a un soggetto per il ritorno di Picard. Ha buttato là qualche elemento della trama per poi passare a parlar d’altro. La cena, o per meglio dire la trappola, si è chiusa. Devo dire di esserci cascato in pieno perché il giorno dopo ho chiamato il mio agente e gli ho chiesto di contattare Chabon e farmi inviare una paginetta di soggetto con la sua idea su Picard. Quello che mi è arrivato il giorno dopo era un trattamento di serie da 30 pagine circa che riassumeva nei dettagli una stagione intera. Michael e Akiva avevano già scritto tutto senza sapere se sarei stato pronto a imbarcarmi. Per fortuna loro, la storia era magnifica e non ho potuto dire di no. Ed eccoci qua”.
L’equipaggio dell’Enterprise salta in piedi e applaude.
“C’era dentro tutto Star Trek” aggiunge Stewart. “Fin dalla serie classica, Star Trek è fantascienza della migliore, quella che parla del presente. La serie che vedrete parla di adesso. Ho dato solo una condizione: che il vecchio Picard avesse un Pitbull Terrier. Così ho potuto portare il mio cane sul set e stare con lui, dargli una parte in questa nuova avventura”.
Pisa, 26 Gennaio 2019
Jean-Luc Picard, ammiraglio, si è ritirato dalla Federazione e vive la vita del pensionato nel suo Chateau, tra vitigni e fedelissima servitù romulana.
Picard è la prima serie di Star Trek che prende il nome da un capitano e non da una nave o una base spaziale. Non è mai esistito uno Star Trek – Kirk o uno Star Trek – Spock e fin dalle prime immagini capiamo perché. Jean-Luc Picard, in sé e lontano da ogni relazione, è una nave abbastanza grande da aver bisogno di ore per essere esplorata. Il Sir è gigantesco, uno di quegli attori capaci di commuoverti per il solo fatto di essere in scena.
Evidentemente, puoi togliere Patrick Stewart da Shakespeare ma non Shakespeare da Patrick Stewart e Chabon lo sa benissimo. Nel pilot, Picard è il Prospero de “La Tempesta”, auto-esiliatosi sulla sua personale isola, amareggiato e stanco di fare le sue magie. La sua ultima missione nella Flotta Spaziale ha demolito ogni speranza avesse nella Federazione, il sogno di unità che ha seguito tutta la vita. C’è stato un momento in cui Starfleet ha tradito se stessa, rifiutandosi di accogliere e salvare il proprio nemico e lasciando milioni di persone (“non alieni, persone” dice, più o meno, il capitano) di fronte a morte certa. In più, ogni forma di vita sintetica è divenuta illegale in tutta la galassia per colpa di pochi scellerati terroristi. Un decreto che colpisce Picard nel profondo dato l’odio per ogni generalizzazione, l’amore per la mediazione (magari di fronte a una tazza di Earl Grey) e l’amicizia con Data, che si sacrificò per lui insegnandogli che gli androidi possono ben sognare pecore elettriche.
“You’re a stranger to history” dice Picard. “You’re a stranger to war”.
Le sue parole risuonano ancor più attuali nel giorno in cui Donald Trump ci mostra il logo della Space Force Americana e questo si rivela pressoché identico a quello della Starfleet di Star Trek. Agli occhi di un trekkie, legato a un futuro di integrazione e ricerca in una galassia unita, l’appropriazione di quel logo dovrebbe essere aberrante.
“Mi sono ritirato perché Starfleet non era più Starfleet” dice Stewart. Ma la storia che cominciamo a vedere sembra rispondergli che la Flotta non è nel nome delle sue navi da esplorazione o da combattimento. Resta nelle mani rugose di un essere umano: Jean-Luc Picard, una nave di un solo uomo capace di portare con sé gli ideali della Federazione dei Pianeti Uniti laddove chi ne porta il nome non ha più ideali.
Picard è un vecchio, però, che si stanca sulle scale durante un inseguimento, è l’ultimo rimasto di una generazione di nonni. Non è più un guerriero ma uno storico, uno stregone ritirato. Ne “La Tempesta”, d’improvviso, qualcuno sbarca sull’isola di Prospero, una “next generation” (in questo caso, next next”) di cui farà parte sua figlia Miranda.
In Picard una ragazza confusa convincerà il Capitano a tornare in azione, a “vivere e non aspettare di morire”.
Questo è tutto quel che si può dire senza dare anticipazioni. Picard è una serie che piacerà ai fan di Star Trek (gli unici a poter capire le implicazioni del cliffhanger di fine prima puntata) e a chi non conosce ancora il franchise.
Lunga vita e prosperità, insomma.Ma, soprattutto: “Let’s behave like civilized men”.
Buona visione.
Perché seguire Star Trek: Picard: perché torna un grande personaggio interpretato da un grande attore.
Perché mollare Star Trek: Picard: se siete fra quelli che non conoscono la differenza fra Star Trek e Star Wars, e non vogliono saperla.