The Strain – La serie horror di Guillermo Del Toro di Diego Castelli
E scritta da Del Toro, e prodotta da Del Toro, ecc ecc
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QUALCHE SPOILERINO SUL PRIMO EPISODIO, MA NIENTE DI OSCENO
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Nel 2009 Guillermo Del Toro, ben noto per il suo lavoro di regista cinematografico, tentò con buon successo la via della scrittura, dando vita a una trilogia thriller-horror iniziata con The Strain (in Italia La Progenie).
Il maggior merito de La Progenie – che di per sé era un libro abbastanza divertente senza essere un capolavoro (tanto è vero che non m’è venuta voglia di leggere i due seguiti) – era quello di offrire una visione del vampirismo che fosse più classica (e quindi più orrorifica) dell’immagine teen-romantica imperante cinque anni fa (alla Twilight insomma), ma contemporaneamente anche diversa dal tradizionale mito gotico e demoniaco, qui parzialmente soppiantato da una prospettiva pseudoscientifica più vicina a certi racconti virologici e post-apocalittici che di solito interessano gli zombie.
Senza fare ulteriori paragoni col libro, che sapete non essere cosa che ci interessa, vale la pena però dire che con The Strain (la serie di FX), Del Toro sembra voler portare in tv esattamente la stessa storia e le stesse atmosfere, anche perché già il libro era scritto in modo molto cinematografico, sembrava già pronto per essere tradotto in sceneggiatura.
Mica pirla, il Guillermo: prima fa un libro puntando sulla sua fama di regista, poi fa una serie puntando sulla fama intanto raggiunta dal libro. Quando si dice la strategia…
La trama di The Strain è presto detta: all’aeroporto J.F. Kennedy atterra un aereo in cui sembrano tutti morti, e subito viene chiamato a indagare un esperto epidemiologo con problemi familiari (interpretato dall’ex House of Cards Corey Stoll, insolitamente chiomato). Poi arrivano un sacco di mistero, una strana cassa piena di terra, un vecchio saggio e inquietante che vuole mettere tutti in guardia, un complotto dai contorni ancora sfumati, e tanto splatter.
Sì perché le prime fasi del pilot potrebbero ingannare, lasciando pensare a una serie che gioca molto sul vedo-non vedo, sul trascinare una suspense basata sulla studiata ignoranza dello spettatore e dei protagonisti. Ecco, non è proprio così, perché in questi settanta minuti di roba se ne vede parecchia, e lo spettatore coglie senza problemi un sacco di dettagli macabri. Certo, dovranno spiegarci bene cosa potrebbe succedere e cosa è successo in passato (e torneranno un po’ di echi lugubri dall’est europa), ma intanto i vampiri ci sono, sono delle bestiacce schifose, e c’è il rischio che il pianeta intero vada gambe all’aria. Su questo nessun dubbio e nessuna economia su effetti speciali, trucchi vari e vomitevoli vischiosità.
Giudicandola da questo pilot, The Strain difficilmente potrà diventare un capolavoro. Troppo legata a meccanismi narrativi triti e ritriti per essere realmente innovativa, e troppo dipendente da classici trucchetti registici per essere realmente imprevedibile. Come dire, se passi lentamente vicino a un tizio morto e la musica sale di intensità, evidentemente il tizio non è poi così morto.
Detto questo, però, The Strain fa egregiamente il suo sporco lavoro. Costruita come un classico film da virus letale, con in più la goduria del mostrone, la serie tiene desta l’attenzione senza problemi durante tutto il lungo pilot, suggerendo quasi sempre dove andrà a parare ma senza per questo invogliare lo spettatore a cambiare canale.
A questo risultato concorrono certamente la regia solida dello stesso Del Toro (che però si guarda bene dall’essere “troppo” immaginifico), effetti speciali convincenti perché non troppo invasivi, e un cast azzeccato nella scelta dei ruoli – ci sono anche Sean Astin e David Bradley – anche se nessuno spicca per chissà quale virtuosismo. Soprattutto, è chiara l’intenzione di offrire qualcosa di parzialmente nuovo (vedremo poi quanto) senza per questo uscire da quelle classiche regole da horror hollywoodiano che possiamo certamente considerare banali, ma che non smetteranno mai di funzionare.
The Strain, in pratica, ha tutta l’aria di un’altra serie estiva che vedremo con piacere, sapendo che ci divertirà senza per questo cambiarci la vita. Come The Last Ship, a pensarci bene, anche se qui scorre parecchio più sangue.
Perché seguirla: il pilot diverte, tiene alta la tensione, e rida’ al mito vampiresco quell’aura orrorifica che negli ultimi anni si è persa negli occhi dei teenager immortali.
Perché mollarla: al momento non c’è nulla che faccia gridare al miracolo, e vale il contrario della voce precedente: se vi piacciono i vampiri in giacca di pelle e sorriso fascinoso, ecco, qui tendono più alle pustole e alla bava.
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